Tomohide Ikeya è un fotografo giapponese nato a Kanagawa nel 1974. Dopo aver lavorato dal 1992 a 1999 come chef in un ristorante italiano, si avvicina alla fotografia subacquea. Diventa assistente del fotografo CARATS (Katsuji Tkasaki) nel 2000, prima di iniziare la carriera di freelance due anni più tardi.
La fotografia di Tomohide Ikeya si serve dell’acqua, come fosse una tela, per dipingere un percorso di ritorno alla placenta. Il fotografo giapponese sottolinea, attraverso i suoi scatti, la simbiosi che accomuna il corpo e l’acqua.
La serie “Breath” è un viaggio in apnea, un affogamento forzato, un grido soffocato e profondo. Una serie fotografica che si interroga, ponendo domande sugli elementi necessari della vita. Nel momento della perdita ci rendiamo conto del valore reale delle cose.
Il respiro normalmente avviene in modo automatico, tanto è vero che per la maggior parte del tempo ne siamo inconsapevoli. Solo nel momento che perdiamo l’aria ci rendiamo conto dell’importanza di quest’ultima. Il respiro rotto e il totale controllo dell’acqua sul nostro essere sono la base di partenza di queste immagini che mostrano la differenti reazioni degli esseri umani di fronte alla perdita. Alcuni aspettano solo di morire senza opporre nessuna resistenza, altri cercano di ritrovare il controllo sull’elemento.
La serie “Wave”, premiata con l’International Photography Awards nel 2007 e il Prix de la Photographie di Parigi, si interroga sul rapporto tra natura e uomo.
Traccia un confine, visualizzato dagli spruzzi delle onde, che riflette la resistenza umana nei confronti della natura e, allo stesso tempo, ne evidenzia la debolezza. Le onde trattano gli esseri umani come fossero oggetti che ne bloccano il normale flusso, finendo per sommergerli.
Nella serie “Moon” l’acqua fa parte di un processo poetico e creativo, in perfetta armonia con il chiarore della luna che avvolge i riflessi i modelli. Vi consiglio di dare uno sguardo al sito dell’artista per avere una visione completa della sua opera.
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