Artista dal percorso complesso ed eterogeneo, il fotografo Roger Ballen è considerato uno dei fotografi più interessanti nel campo artistico internazionale. Ballen ha intrapreso, nel corso della sua carriera, un viaggio alla scoperta della parte più primitiva della condizione umana e della psiche.
La vita di Roger Ballen
Roger Ballen nasce a New York 11 Aprile del 1950, da una famiglia di origine ebraica. Suo padre era un avvocato, sua madre membro della famosa agenzia fotografica Magnum dal 1963 al 1967 e poi fondatrice della Photography House Gallery, nel 1968. Fin da bambino, Ballen entra in contatto con i più grandi nomi del panorama fotografico internazionale. All’età di 13 anni riceve la sua prima macchina fotografica. Nella primavera del 1969 documenta il raduno di Woodstock e alla fine degli anni Sessanta le proteste contro la guerra in Vietnam. Dopo essersi avvicinato alla pittura, studia psicologia nell’Università di Berkeley in California, laureandosi nel 1972.
Deluso dal materialismo della società occidentale inizia un lungo viaggio che lo porta dal Cairo, a Istanbul e poi in Nuova Guinea, fino ad arrivare in Sudafrica. Gli scatti di questo viaggio di ricerca personale vengono raccolti nel libro Boyhood (1977). In Sudafrica incontra Lynda Moross, un’artista e insegnante d’arte, che sposa nel 1980. Tornato in patria continua gli studi nella Colorado School of Mines, conseguendo un dottorato in geologia nel 1981. Nel 1982 si trasferisce definitivamente a Johannesburg, dove lavora come imprenditore minerario fino al 2010.
Dorps e Platteland
Il primo libro dell’esperienza sudafricana è intitolato In Dorps: Small Towns of South Africa (1986) e documenta le piccole città e villaggi dell’entroterra sudafricano. Nel successivo libro, intitolato Platteland: Images from Rural South Africa (1994), Ballen presenta ritratti tragici dei bianchi indigenti della regione. Testimoni del fallimento del sistema dell’apartheid, che era nato per privilegiarli, molti bianchi vivevano strangolati dalla povertà e isolati dai preconcetti. Questi due libri del fotografo americano usano un approccio documentaristico.
Outland
Tra la fine degli anni ’90 e il 2000, il lavoro di Ballen abbandona il classico approccio documentaristico, verso uno che si mescola con la finzione. Il libro che segna la svolta è intitolato Outland (2000). In Outland i personaggi diventano attori che si esibiscono su scenografie elaborate, con pose, maschere e oggetti di scena.
Il fotografo americano si concentra sui poveri e gli emarginati, molti dei quali sono disabili o malati di mente. Persone come Stanley, che esce ogni giorno con un fagotto e un bastone sulle spalle a caccia di topi, o Little Dirkie, che vaga per le strade facendo a pezzi animali morti con la sua ascia. Outland ha vinto il premio per il miglior libro fotografico nel festival fotografico PhotoEspaña.
In Shadow Chamber (2005), il lavoro di Ballen prende una dimensione decisamente metaforica e surreale, rimandando a molteplici significati consci e inconsci. Le fotografie si mescolano con altre forme d’arte come la pittura, il teatro e la scultura. In Boarding House (2008), Ballen raffigura una residenza transitoria. La struttura è arredata con oggetti necessari per un’esistenza elementare. Che il luogo sia reale o immaginario è indecifrabile e forse anche irrilevante.
Asylum of the birds
Il libro Asylum of the Birds (2014) raccoglie le foto scattate all’interno dei confini di una casa in un sobborgo di Johannesburg, la cui posizione rimane un segreto ben custodito. Gli abitanti della casa, sia persone che animali, e in particolare gli uccelli, rappresentano il cast che si esibisce in un teatro scultoreo e decorato. Le immagini risultanti sono avvincenti e dinamiche, tra la natura morta e il ritratto. In Asylum of the Birds, Ballen esplora i suoi misteriosi spazi fotografici come rifugi e prigioni.
Nel 2017 pubblica Ballenesque, un libro retrospettivo con più di 300 fotografie e un’introduzione di Robert JC Young. Ballen ha tenuto moltissime mostre personali in tutto il mondo e il suo lavoro fa parte della collezione di circa 40 musei, tra cui il Folkwang di Essen, il LACMA di Los Angeles, il Victoria and Albert di London, il Centre Pompidou di Parigi e il MoMA di New York
Lo stile fotografico di Roger Ballen
L’opera fotografica di Roger Ballen è iniziata nel campo della fotografia documentaria, ma si è evoluta nel regno della finzione, con la costante integrazione di altri mezzi, come video, installazioni, opere teatrali, scultura, pittura e disegni. Persone emarginate, animali, oggetti trovati, fili e disegni infantili sono i soggetti privilegiati del fotografo americano.
Ballen descrive le sue opere come psicodrammi esistenziali che toccano il subconscio ed evocano il ventre della condizione umana. Molti critici hanno associato lo stile di Roger Ballen al teatro dell’assurdo, al surrealismo fotografico e al grottesco. Nonostante la presenza del soggetto marginalizzato sia una costante del suo lavoro, le opere di Ballen non dimostrano un’agenda sociopolitica; sono piuttosto attente a un’indagine psicologica ed estetica.
Fotografia in pellicola in bianco e nero
Legato alla fotografia analogica, fedele al formato quadrato della sua camera Rolleiflex SL66, Ballen predilige la fotografia in bianco e nero. Il bianco e nero, a differenza delle fotografie a colori, non pretende imitare il mondo. Questa scelta sottolinea ancora di più la volontà di interpretare, trasformare e astrarre ciò che si ha di fronte. Le fotografie del fotografo americano sembrano svolgersi in una dimensione lontana dal realismo cronologico. Il tempo non ha, pertanto, un valore importante. Cosi come la differenza tra essere viventi e oggetti viene appiattita dall‘uso del flash, che li congela.
Come Diane Arbus, Ballen è stato accusato di sfruttare i soggetti fotografati, soprattutto perché la sua opera si è sempre più spostata dal puro documentarismo verso un lavoro più composto, che può essere visto, a volte, come una caricatura delle situazioni angoscianti che ritrae. Influenzato da opere letterario – filosofiche, come quella di Beckett, Kafka, Jung e Artaud, l’opera di Ballen si avvicina alla ricerca fotografica di Joel-Peter Witkin.
Le sue immagini suggeriscono attraverso una sorta di umorismo oscuro, paure, sensazioni e altre immagini. Veri e propri manifesti dove oggetti, soggetti e componenti grafiche si mescolano, esaltando nella comunione, il senso dell’immagine. Foto stratificate sia visualmente, attraverso l’inclusione di elementi scultorei e grafici, sia concettualmente, che rimandano direttamente o velatamente alla parte primitiva della condizione umana, a simboli e tracce tra caos e ordine, follia e archetipo, vita e morte.
La intervista di Roger Ballen
Per chi capisce inglese o francese, di seguito un’ interessante intervista con l’autore americano. Wladimir Autain intervista Roger Ballen in occasione dell’inaugurazione della sua mostra personale del 2009, “The world according to Roger Ballen” a Parigi.
La frase di Roger Ballen
“Le persone mi paragonano costantemente a Diane Arbus, Ma penso che Samuel Beckett sia l’influenza chiave del mio lavoro. Le mie fotografie evocano l’assurdità della condizione umana, ma sono anche testimonianze di un viaggio psicologico personale. Per me la fotografia è un modo di guardarmi allo specchio “.
Per conoscere altri grandi fotografi
Se volete vedere il lavoro di altri maestri della fotografia vi rimando alla sezione Maestri della fotografia. Se, invece, volete approfondire le nuove correnti fotografiche e i nuovi autori della fotografia artistica, vi rimando alla sezione Fotografia Artistica.
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