“Il bianco e il nero sono i colori della fotografia. Per me simboleggiano l’alternarsi di speranza e disperazione a cui l’umanità è da sempre sottoposta. ”.
Definito dal New York Time Magazine come “il più influente fotografo in vita”, Robert Frank ha segnato uno spartiacque nella storia della fotografia. Lontano dalle concezioni del momento decisivo di Henry Cartier-Bresson e dalla straight photography americana, il lavoro di Frank ha liberato la fotografia documentaristica dal binomio di oggettivita-verità, restituendo una visione fatta di ricerca soggettiva e di emozioni sulla natura dell’esistenza umana.
Robert Frank nasce a Zurigo nel 1924, da una famiglia tedesca di origine ebrea. Al termine della scuola secondaria, lavora come apprendista per i fotografi Hermann Segesser e Michael Wolgensinger. Nel 1946 si autofinanzia la prima pubblicazione, dal titolo di “40 Fotos”. In cerca di una piena realizzazione professionale, Frank emigra a New York nel 1947. Qui viene ingaggiato come fotografo di moda da Alexey Brodovitch, direttore artistico della prestigiosa rivista Harper’s Bazaar. Accanto al lavoro di moda, Frank svolge una prolifica attività di reporter freelance che lo porta in Perù, Bolivia (1948) e in Europa (1949).
Il suo lavoro viene incluso da Edward Steichen nella mostra 51 American Photographers allestita al Museum of Modern Art di New York e nella celebre The Family of Man del 1955. Nello stesso anno, all’eta di 31 anni, Robert Frank è il primo fotografo europeo a ricevere la borsa di studio della Fondazione Guggenheim di New York. Con i soldi ricevuti viaggia per tutti gli Stati Uniti dal 1955 al 1956, scattando oltre 24.000 fotografie, che diventano un libro di 83 immagini che ha cambiato radicamente la fotografia:“The Americans”. Le difficolta avute per pubblicate il libro negli Stati Uniti, portano Robert Frank a stampare il libro a Parigi, nel 1958. ll libro viene pubblicato negli Stati Uniti, un anno più tardi.
Alla pubblicazione americana la critica regisce stroncando sia il contenuto (contrario all’immagine che l’America promuoveva di sé), sia lo stile del fotografo, troppo lontano dai canoni estesici dell’epoca. Vicino agli ambienti della controcultura della Beat Generation, Frank, viene persino sospettato di comunismo. Negli anni sessanta, nonostante inizi a crescere il consenso per i suoi lavori, Frank abbandona la fotografia per dedicarsi completamente alla realizzazione di film. Il suo cinema è carico di tensioni e tematiche introspettive, come Conversations in Vermont (1969) o About Me: A Musical (1971).
La vita di Robert Frank rimane segnata da due grandi tragedie famigliari: la morte dei due suoi unici figli. La figlia Andrea muore in un incidente aereo, all’età di vent’anni e l’altro figlio Pablo, dopo diversi anni passati a curarsi in cliniche per cancro e schizofrenia, si suicida nel 1994. Nello stesso anno, Robert Frank dona gran parte del suo materiale artistico alla National Gallery of Art di Washington che crea la Robert Frank Collection (prima volta che accade per un artista vivente). Nel 1996 vince il prestigioso Hasselblad Award e nel 2000 il Cornell Capa Award.
Muore il 9 settembre del 2019, a Inverness in Nova Scotia. all’eta di 94 anni.
The Americans
“Chi non ama queste immagini, non ama la poesia […] Robert Frank, svizzero, discreto, gentile, con quella piccola macchina fotografica che fa spuntare e scattare con una mano, ha saputo tirar fuori dall’America un vero poema della tristezza”. (Jack Kerouac, nella prefazione del libro).
L’America di Frank è un luogo di ombre, reali e metaforiche. Il ritratto di un territorio e dei suoi abitanti che molti non potevano o non volevano vedere: un America triste, difficile, più malinconica che eroica. Una ballata per immagini dedicata alla strada; un reportage che scava dentro il sogno americano per raccontarci l’abisso della sua realtà. Risulta difficile al giorno d’oggi comprendere appieno quanto radicale e sovversiva sia stata la pubblicazione di questo libro fotografico. La tagliente amarezza dello sguardo di Frank ha segnato un’epoca diventando un punto di riferimento per generazioni di fotografi.
Lontano tanto dal documentarismo sociale, quanto dal sentimentalismo, le immagini immediate, spontanee di Frank non cercano alcuna facile armonia compositiva. Attraverso l’uso massiccio di un bianco e nero sfocato, di sovraesposizioni recuperate e di tagli estremi Frank si è sbarazzato delle regole stilistiche, per raccontarci in maniera viscerale le tensioni nascoste dentro il mondo ovattato del mito americano: il consumismo di massa, il razzismo e il divario tra ricchi e poveri.
Le immagini di Robert Frank non sembrano mai essere compiute. Ognuna di esse suggerisce un qualcosa, ci lascia un indizio, senza completarsi del tutto. Se i fotografi della straight photography postulavano la perfezione dell’opera singola, Frank la rifiuta, riuscendo a trovare solo nel tessuto narrativo della sequenza una compiutezza visiva e di contenuto.
Se volete vedere il lavoro di altri maestri della fotografia vi rimando alla sezione Maestri della fotografia. Se, invece, volete approfondire le nuove correnti fotografiche e i nuovi autori della fotografia artistica, vi rimando alla sezione Fotografia Artistica.
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