“In guerra la verità emerge. Tra la vita e la morte, la gente si rivela, getta la maschera e si mostra con un’onestà che non esiste altrove nella vita”.
Il nome di Philip Jones Griffiths rimane legato alla potenza eversiva delle immagini dell’assedio vietnamita. Nato il 18 Febbraio del 1936 a Rhuddlan, Denbighshire, Griffiths dopo aver studiato farmacia a Liverpool, inizia la carriera di fotografo per il Manchester Guardian.
Passato all’Observer nel 1961, viaggia in Algeria nel 1962, per documentare le fasi finali della guerra di liberazione. Nel 1966 entra in Magnum Photos, diventandone membro effettivo nel 1971.
Le immagini di Griffiths hanno documentato molti dei maggiori avvenimenti internazionali degli ultimi anni. Pur adeguandosi alle evoluzioni tecnologiche delle fotocamere, il fotografo gallese ha utilizzato con costanza il bianco e nero, imparando a sfruttarne mirabilmente il formidabile potenziale emotivo.
Il suo libro Vietnam Inc., pubblicato nel 1971 (seconda edizione Phaidon, del 2001, con prefazione di Noam Chomski), definito dal Time Magazine come “il miglior reportage di guerra mai pubblicato”, ha rivelato agli americani le sofferenze del popolo vietnamita, contribuendo a modificare l’opinione pubblica statunitense nei confronti della guerra. Una grossa mole del lavoro di Philip Jones Griffiths si concentra nella Gran Bretagna negli anni ‘50, ‘60 e ‘70: dai Beatles , ai minatori nel Galles, dalle marce per il disarmo nucleare nelle strade di Londra, alle processioni funebri nell’Irlanda del Nord. Immagini che descrivono, con puntualità e poesia, la transizione della società inglese degli ultimi decenni.
Tornato in suolo vietnamita, Griffiths ha pubblicato altri due libri che illustrano le conseguenze del conflitto nell’epoca odierna: “Agent Orange – Danni collaterali in Vietnam” nel 2003 e “Vietnam in tempo di pace” nel 2005. Malato di cancro da tempo, prima di morire il 19 de marzo del 2008 a Londra, Griffiths ha dato vita a una fondazione che preserva il suo archivio fotografico, presieduta dalle sue due figlie. Di seguito un’interessante intervista con il maestro.
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