Le fotografie di Michael Wolf forniscono una prospettiva unica su tematiche inerenti la densità urbana e la produzione di massa.
La vita di Michael Wolf
Michael Wolf è nato a Monaco di Baviera (Germania). Nel 1972-73 ha frequentato l’Università di Berkeley, in California, prima di tornare in Germania per studiare con il fotografo e insegnante Otto Steinert, fondatore del movimento della fotografia soggettiva, presso la Folkwang University of the Arts di Essen. Dopo essersi laureato nel 1976, Michael si è affermato in Germania come un fotoreporter freelance di successo. Nel 1994 si è trasferito Hong Kong, lavorando per la rivista Stern. Tre anni dopo ha sposato Barbara Herrmann. Dal 2003 ha abbandonato il fotogiornalismo, per dedicarsi a un lavoro personale.
Il lavoro fotografico di Wolf è stato esposto in numerose sedi, tra cui possiamo citare la Biennale di Venezia, l’ Aperture Gallery di New York, il Museum center Vapriikkidi tampere, il Museo di fotografia contemporana di Chicago e le sue opere sono conservate in molte collezioni permanenti, tra le quali il Metropolitan Museum of Art di New York, il Brooklyn Museum, il San Jose Museum of Art della California e il museo folkwang di Essen. Vincitore del primo premio del world press photo award nel 2005 e nel 2010, Michael Wolf ha pubblicato più di 13 libri fotografici. E’ morto all’eta di 64 nella sua Hong Kong.
Lo stile fotografico di Michael Wolf
Grazie ad una acuta capacità di trovare il valore simbolico nei dettagli apparentemente insignificanti, Wolf è stato in grado di proporre immagini che astraggono dalla realtà, l’universale della vita delle città contemporanee. Le composizioni deliberate e coinvolgenti di Wolf hanno evidenziato la sua visione innovativa, riflettendo un nuovo approccio all’immaginazione collettiva delle città più fotografate del nostro mondo.
“The Real Toy Story” è un omaggio agli operai cinesi che producono la maggior parte dei giocattoli di plastica, prodotti in serie a basso costo. Un’installazione dove il fotografo tedesco ha incastonato le foto che raccontano le fabbriche di giocattoli cinesi, con 16.000 giocattoli.
Nella serie Architecture of Density, Wolf ha fotografato gli enormi edifici di Hong Kong, sottolineando le ripetizioni delle linee architettoniche. Le fotografie escludono il cielo e il terreno, enfatizzando le linee verticali degli edifici. Il fotografo tedesco ha reso astratta la città sovrappopolata, svuotandola della presenza umana.
Nel 2006, visitando Chicago per allestire una mostra, Wolf rimane colpito dalla trasparenza dell’architettura modernista della città, fatta di vetro e acciaio. Questa scoperta ha portato alla nascita della serie Transparent City (2006). Michael Wolf ha scelto di fotografare il centro della città, concentrandosi in particolare sulle tematiche inerenti il voyeurismo e il paesaggio urbano in continuo mutamento. Wolf si è posizionato sui tetti o dalle finestre degli edifici opposti, per catturare con un’incredibile fotocamera di grande formato, con un dorso digitale da 112 megapixel, uno sguardo unico sulla vita urbana con un’enfasi sulla solitudine. Questo lavoro ha creato una discussione sui problemi sulla privacy, poiché le persone venivano fotografate inconsapevolmente dall’interno delle loro case.
Nella serie “A Series of Unfortunate Events“, Michael Wolf fotografa davanti allo schermo del suo computer dei dettagli di immagini selezionate da scene di Google Street View. Un’attenta selezione di qualcosa che non dovrebbe essere nella rappresentazione asettica della realtà di Google, dove il fotografo tedesco ha sviluppato una nuova e provocatoria forma di fotografia di strada.
In contrasto con il distacco formale dei suoi primi lavori, le immagini dell’ultimo periodo, vedono l’autore tedesco avvicinarsi sempre di più all’umano. Questo processo si fa ancora più netto nella serie Tokyo Compression, premiata con il World Press Photo(WPP).
La serie immortala immagini di passeggeri della metropolitana di Tokyo schiacciati contro il vetro di vagoni super affollati. La densità raffigurata non è più architettonica, ma umana. I pendolari riempiono ogni centimetro quadrato disponibile, spinti contro il vetro, faticano quasi a respirare. Le immagini posseggono una straordinaria forza impattante e un senso di disagio.
Raffigurando un inferno urbano, Wolf mette in evidenza la vulnerabilità dell’individuo all’interno della città, mostrandone la debolezza e la solitudine più estrema.
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