La fase di messa a fuoco consiste nella regolazione della distanza del gruppo-lenti dell’obiettivo dalla pellicola o dal sensore in modo che su quest’ultimo sia proiettata un’immagine nitida dell’elemento prescelto.
Piano focale e profondità di campo
Quando guardiamo un oggetto, i nostri occhi lo mettono a fuoco automaticamente; ciò avviene perché compiono una messa a fuoco continua di ciò che si trova nel nostro campo visivo. Gli obiettivi della fotocamera, invece, mettono a fuoco su una distanza specifica, quella che viene definita “piano focale“.
Tuttavia oltre al piano focale, percepiamo come nitido uno spazio davanti e dietro di esso, che chiamiamo: profondità di campo.
La profondità di campo varia a seconda della lunghezza focale utilizzata, dell’apertura, della distanza del soggetto e della grandezza del sensore.
1) Lunghezza focale: maggiore è la lunghezza focale, o maggiore è lo zoom nelle nostre fotocamere, più stretta sarà la profondità di campo. Minore la lunghezza focale maggiore sarà la profondità di campo.
2) Apertura: come discusso nell’articolo diaframma e profondità di campo, più stretta è l’apertura ( e quindi più grande è il numero F stop) maggiore sarà la profondità di campo. Più grande è l’apertura ( e quindi più piccolo numero di F stop) minore sarà la profondità e maggiore l’effetto sfocato dal soggetto.
3) Distanza dal piano focale: per una data lunghezza focale e un’apertura, più vicino è il piano focale, più stretta è la profondità di campo.
4) Dimensioni del sensore della fotocamera: la profondità di campo è inversamente proporzionale alle dimensioni del formato del sensore quando viene calcolata la lunghezza focale effettiva. Quindi più grande è il sensore, minore è la profondità di campo.
Vedi un esempio nell’immagine in basso, con apertura di diaframma differenti.
Esiste inoltre una regola, ma dobbiamo tenere in considerazione che non sempre risulta esatta, che dice che la profondita di campo che percepiamo come nitida equivale ad 1/3 della distanza davanti al nostro piano focale e i restanti 2/3 nella parte posteriore al piano.
Distanza minima di messa a fuoco
Tutti gli obiettivi sono caratterizzati da una minima distanza di messa a fuoco, al di sotto della quale non è possibile ottenere fotografie nitide.
Come si mette a fuoco in fotografia?
Messa a fuoco manuale e automatica
Possiamo mettere a fuoco manualmente o in maniera automatica. Con le fotocamere tradizionali, per una corretta messa a fuoco, si deve ruotare la ghiera presente sull’obiettivo, mentre in quelle dotate di autofocus (AF) è sufficiente premere a metà corsa il pulsante di scatto: lo spostamento del gruppo delle lenti, in questo caso, avviene grazie ad un piccolo motore elettrico.
Come funziona il sistema di Autofocus
Con l’avanzare della tecnologia, le case costruttrici di macchine fotografiche hanno capito come motorizzare il corpo macchina e le lenti per spostare gli elementi di messa a fuoco o il gruppo di messa a fuoco per avvicinarlo o allontanarlo dal sensore o dalla pellicola. La stragrande maggioranza delle fotocamere di oggi non dispone di motori autofocus all’interno del corpo macchina, ma si basa su piccoli motori integrati negli obiettivi, che vengono controllati dalla fotocamera stessa.
Sistema autofocus attivo e passivo
La messa a fuoco automatica può avvenire secondo un sistema attivo oppure un sistema passivo. Con il sistema attivo, la fotocamera emette delle onde a infrarossi verso il soggetto e misura il tempo di ritorno di queste onde riflesse dal soggetto. La messa a fuoco sull’ottica è di solito controllata elettronicamente. I dati ottenuti dalla misurazione della distanza vengono elaborati da una unità elettronica. I sistemi passivi non utilizzano alcun tipo di energia da inviare al soggetto dalla fotocamera. Al posto di questo, i sistemi passivi utilizzano la luce naturalmente riflessa dal soggetto. Possono essere di due tipologie:
1) rilevamento di fase
2) rilevamento di contrasto
Rilevamento di fase
Il rilevamento di fase è il sistema più comunemente usato sulle fotocamere Reflex (DSLR) di oggi. Come sapete, la luce entra nell’obiettivo di una DSLR e colpisce uno specchio inclinato di fronte al sensore o al film. Quella luce viene riflessa in un prisma e quindi verso il mirino sul retro della fotocamera. Tuttavia, ciò che potresti non sapere è che una piccola quantità di luce che passa attraverso lo specchio, colpisce un altro specchio e viene riflessa verso il fondo della fotocamera, dove è posto il sensore della messa a fuoco automatica. Un computer all’interno della fotocamera valuta il segnale proveniente dal sensore di messa a fuoco automatica e comanda all’obiettivo di regolare gli elementi di messa a fuoco all’interno dell’obiettivo affinché le due immagini non appaiono identiche. Una volta che le due immagini corrispondono, l’immagine è a fuoco.
Le prime fotocamere con autofocus passivo erano provviste di un solo punto centrale di messa a fuoco. La tecnologia odierna ci offre macchine fotografiche con molti punti di messa a fuoco selezionabili. Ora, molti sensori, sono dotati dei punti di tipo incrociato, che leggono simultaneamente sia le informazioni orizzontali che quelle verticali.
Il rilevamento del contrasto
Il rilevamento del contrasto è il sistema utilizzato comunemente dalle fotocamere mirrorless, dalle compatte, dagli smartphone e dalle Reflex in live view. Il rilevamento del contrasto è molto più semplice del rilevamento di fase e utilizza la luce che cade sul sensore principale per fornire la messa a fuoco. Ciò offre al rilevamento del contrasto un vantaggio rispetto al rilevamento di fase: il numero di punti di messa a fuoco è automatico. Con il rilevamento di fase, il numero di punti si basa sul design dello specchio e su quanti sensori di autofocus vivono al di sotto dello specchio. Con il rilevamento del contrasto, la fotocamera può avere un numero quasi illimitato di punti di messa a fuoco. Alcune fotocamere moderne dispongono di touchscreen in cui basterà scegliere il punto di focus con un semplice tocco del dito.
Autofocus singolo e continuo
Esistono due modalità di autofocus: l’ AF singolo, dove raggiunta la corretta messa fuoco, avviene il bloccaggio dello stesso; l’AF continuo, dove la fotocamera mantiene costantemente a fuoco i soggetti in movimento. Selezionando il programma “sport” la fotocamera si predispone automaticamente sull’autofocus continuo nonché sullo scatto motorizzato a raffica, mantenendo il soggetto costantemente nitido.

Problemi dell’autofocus
I problemi per l’autofocus sorgono quando il soggetto esce anche per un istante dal campo di lettura, in quanto l’obiettivo va a cercare il punto di messa a fuoco praticamente “a caso”, quando un oggetto è frapposto alla nostra linea di messa a fuoco dell’immagine e in presenza di soggetti monocromatici, come un cielo coperto.
Quando preferire la messa a fuoco manuale
Esiste una casistica dove è consigliato l’uso della messa a fuoco manuale:
1) Poca luce: tutti i sistemi autofocus soffrono più o meno le situazioni nelle quali la luminosità ambientale è molto bassa, man mano che la luminosità diminuisce diventano particolarmente lenti e quando scende sotto una certa soglia, possono andare letteralmente in panne.
2) Close-up e Macrofotografia: le foto a distanza ravvicinata richiedono una grande precisione nella cura della messa a fuoco a causa della ridottissima profondità di campo. In questi casi non sempre l’autofocus è in grado di restituirci il risultato voluto e rischia di essere ingannato dalla presenza di oggetti presenti nel campo inquadrato.
3) Panoramiche: se facciamo una serie di foto da unire per ottenere una panoramica, è bene che gli scatti abbiano tutti la stessa regolazione, non solo come diaframma ma anche come messa a fuoco, per evitare che si possano notare differenze nella sovrapposizione. Quindi necessario bloccare la messa a fuoco sia essa in automatico che in manuale.
4) Iperfocale: ovvero quando vogliamo sfruttare la distanza di messa a fuoco che permette di estendere la profondità di campo dall’infinito alla metà di tale distanza ed è sempre riferita ad una precisa lunghezza focale e a una precisa apertura relativa di diaframma.
5) Foto d’azione: anche se i sistemi autofocus consentono la regolazione continua per seguire gli oggetti in movimento, spesso risulta preferibile regolare la messa a fuoco su un punto nel quale deve transitare il soggetto e scattare non appena entri nella zona prevista.
Distanza Iperfocale
La distanza iperfocale o semplicemente l’iperfocale, è la distanza oltre la quale tutti gli oggetti possono essere messi a fuoco in modo accettabile contemporaneamente. Mettendo a fuoco alla distanza iperfocale si ottiene la massima profondità di campo possibile, la quale si estende dalla metà della distanza iperfocale fino all’infinito.
Vediamo un video a riguardo:
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