La fotografia di Max Kozloff

Il critico, fotografo e curatore, Max Kozloff è una figura di spicco nel campo della fotografia e della critica fotografica.

La vita di Max Kozloff

Nato a Chicago, Illinois, il 21 giugno 1933, Max Kozloff ha iniziato la sua formazione come storico dell’arte. Nel 1953, ha frequentato l’Università di Chicago, dove ha conseguito il Bachelor of Arts e poi il Master of Arts in Art History nel 1958. Kozloff ha anche studiato presso l’Institute of Fine Arts della New York University dal 1960 al 1964. Nel 1967, ha sposato l’artista Joyce Kozloff, da cui ha avuto un figlio, Nikolas.

Kozloff è stato critico d’arte per The Nation (dal 1961-1969), editore del New York Art International (dal 1961 al 1964), e direttore esecutivo di Artforum dal 1974 al 1976. A partire dal 1976 Kozloff ha esteso il suo interesse dal campo della critica dell’arte, alla scrittura e alla pratica della fotografia. Il lavoro di critica di Kozloff è andato ben oltre il medium della fotografia ed ha influenzato in maniera importante il mondo dell’arte. Ha scritto criticamente su una vasta gamma di artisti tra cui i fotografi Peter Hujar, Duane Michaels e Weegee. Le sue numerose raccolte di saggi si concentrano su fotografia, musei e arte moderna. Oltre alla fotografia di strada e ai fotografi ebrei, la sua area di competenza nello scrivere sulla fotografia include ritratti e fotogiornalismo. Kozloff ha insegnato al California Institute of Arts di Valencia dal 1970-1971, alla Yale University nel 1974 e alla School for the Visual Arts di New York. È la sua carriera di conferenziere, tuttavia, che ha permesso che le sue idee fossero ampiamente divulgate.

Inoltre, Kozloff ha curato molte mostre critiche, tra cui “New York 2002: Capitale della fotografia” al Jewish Museum, che ha esaminato come i fotografi di strada sono giunti a definire la percezione urbana come l’esperienza visiva caratteristica della modernità. Kozloff ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui un premio Pulitzer per la critica e una borsa di studio Fulbright nel 1962; il Frank Jewett Mather Prize per l’Art Criticism e il Ingram-Merrill Foundation Award nel 1965; una borsa di studio Guggenheim nel 1969 e la Fellowship della NEA per la critica d’arte nel 1972. Nel 1990, è stato insignito del International Center of Photography’s Writing Award.

Lo stile della fotografia di Max Kozloff

Gran parte del lavoro di Kozloff si concentra sulla nozione di “intimità casuali”.Le immagini del fotografo americano catturano non solo l’estetica dell’ambiente, ma dimostrano anche l’impegno intellettuale ed emotivo di Kozloff per il cambiamento sociale e l’attivismo. Allo stesso tempo, le sue fotografie esprimono una tenera intensità, provocando discussioni sulla prova, la percezione e la soggettività nella fotografia.

Kozloff riconosce ripetutamente che è proprio nel momento in cui una fotografia rasenta la completa incoerenza, che la sua capacità di provocare pensiero e trasmettere bellezza è molto più profonda nelle sue implicazioni. Le sue fotografie di strada catturano scene simultaneamente casuali e precise, esistenti sia come documenti sociali che come tesori estetici. Linee istantanee create dai movimenti dei soggetti. E all’interno del movimento, il fotografo americano coglie un momento in cui gli elementi della scena risultano armonici. Fedele al colore, Kozloff cammina nella città alla ricerca dei suoi abitanti, presentandoli, spesso, come presenze favolose e relazionandoli in contesti tematici che riflettono su consumismo e identità etnica. L’opera di Max Kozloff è rimasta sempre offuscata dalla notorietà del suo lavoro di critico. Solo negli ultimi anni, il mondo artistico ha risvegliato il suo interesse riguardo alla sua street photography.

La citazione

Ciò che mi ha guidato da sempre è stata la speranza di raggiungere una sorta di oscurità intelligibile. L’ho notato per la prima volta quando ho iniziato a fotografare vetrine dei negozi, intorno al 1976. Queste finestre sono superfici particolarmente compromesse, poiché ci permettono di vedere simultaneamente i loro contenuti mentre li interrompono con riflessi, in qualche illusoria rimozione del mondo che ci circonda…. Lo spettacolo offerto dalle vetrine era, in termini pittorici, di doppia esposizione, di disintegrazione, di vedere e non vedere. Questa situazione, confusa e frustrante, mi ha insegnato gli equivoci più grandi del mondo visibile. La fotografia è diventata una sorta di sogno“.

Sono un fotografo e blogger italiano. Dopo essermi laureato in legge, ho lasciato tutto per seguire la mia passione: la fotografia. Da allora vivo in giro per il mondo, affiancando al lavoro fotografico un'attività' di docenza.

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