“C’è una frammentazione d’immagini causata da una generazione fast food che si abbuffa senza aver imparato a meditare sulle stesse, senza sapere come percepirle, e senza cogliere l’enorme magnificenza dell’esperienza personale del fotografare”.
Raghu Rai è probabilmente il più famoso fotografo indiano. Nell’arco della sua carriera ha documentato innumerevoli momenti e volti significativi della mutevole storia indiana.
Raghu Rai nasce nel piccolo villaggio di Jhhang, ora parte del Pakistan. Formatosi come ingegnere civile nei primi anni ’60, ne svolge il lavoro un solo anno a Delhi. Suo fratello che al tempo si guadagnava da vivere come fotografo, suggerisce a Rai di accompagnare un amico in un servizio fotografico in un villaggio locale. Una delle foto scattate vince una competizione settimanale diretta dal Times a Londra. L’anno seguente, Rai si unisce al giornale The Statesman nel West Bengal.
Impressionato da una mostra del suo lavoro a Parigi nel 1971, Henri Cartier-Bresson lo invita a unirsi alla prestigiosa agenzia Magnum Photos. Nel 1976, Rai inizia a lavorare come editor di immagini per il Sunday, un settimanale di notizie pubblicato a Calcutta. Nel 1980 come Picture Editor e fotografo per India Today, la principale rivista di notizie dell’India.
Il lavoro fotografico di Raghu Rai riceve l’attenzione internazionale in seguito alla pubblicazione delle immagini della tragedia del gas di Bhopal, conseguente alla fuoriuscita di 40 tonnellate di isocianato di metile (MIC), dallo stabilimento della Union Carbide India Limited (UCIL), specializzata nella produzione di fitofarmaci. Una di queste immagini: “Sepoltura di un bambino sconosciuto“, diviene rapidamente un’icona della tragedia, facendo il giro nelle riviste di tutto il mondo.
Per Greenpeace, ha completato il progetto sul disastro chimico a Bhopal nel 1984, tornando sul luogo per documentare l’effetto nel lungo periodo. Il lavoro è sfociato in un libro: Exposure: A Corporate Crime e tre mostre in tournée in Europa, America, India e Asia sud-orientalenel 2004, durante il ventesimo anniversario del disastro. Nel lavoro di Rai vengono combinate le potenti stampe in bianco e nero della mattina dopo, con i ritratti dei sopravvissuti di oggi.
Raghu Rai è stato premiato con il “Padmashree” nel 1971, uno dei massimi riconoscimenti civili indiani, mai assegnata precedentemente a un fotografo. Oltre a vincere numerosi premi nazionali e internazionali, Raghu Rai ha esposto le sue opere a Londra, Parigi, New York, Amburgo, Praga, Tokyo, Zurigo e Sydney. I suoi reportage fotografici sono apparsi in molte delle riviste e dei giornali più importanti del mondo tra cui Time, Life, GEO, The New York Times, National Geographic, Sunday Times, Newsweek e The Independent.
I suoi libri più famosi, l’India di Raghu Rai: Reflections in Colour e Reflections in Black and White, contengono immagini indelebili. Alcuni suoi ritratti sono ormai iconici come quelli di Indira Gandhi, del Dalai Lama e di Madre Teresa, per citarne alcuni.
Il lavoro di Raghu Rai, tuttavia, sembra trovare l’acme quando si concentra contemporaneamente sullo specifico e sul generale, come in The Indians: Portraits from My Album.
Scopo della fotografia di Raghu Rai, in generale, non è solamente quello di trascrivere il tempo in cui viviamo, ma è soprattutto rendere evidente lo spirito umano che traspare in ogni immagine. La fotografia diventa, allora, una sorta di strumento spirituale per rimanere legati al momento presente, ogni nuovo obiettivo un mezzo per smantellare il momento precedente e intaccarne la sua futura memoria.
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