Il 23 febbraio del 1945, durante la battaglia di Iwo Jima (dal 19 febbraio al 26 marzo), sei Marines piantarono la bandiera degli Stati Uniti sulla cima del Monte Suribachi. La scena fotografata da Joe Rosenthal dell’Associated Press, intitolata Raising the Flag on Iwo Jima (Alzando la bandiera a Iwo Jima), è diventata una delle più famose fotografie della storia del fotogiornalismo. Non tutti conoscono, tuttavia, la strana storia che si cela dietro questa foto iconica che in realtà mostra la seconda bandiera alzata lo stesso giorno sul Monte Suribachi.
La battaglia e la prima bandiera issata
Nel’isola di Iwo Jima l’esercito statunitense comandato, dall’ammiraglio Raymond Spruance si stava affrontando con le truppe dell’esercito imperiale giapponese, comandato dal generale Tadamichi Kuribayashi. Gli americani avevano bisogno dell’isola come base aerea, ma i giapponesi cercavano di proteggerla ad ogni costo. Le truppe statunitensi sbarcate il 19 febbraio 1945, hanno combattuto nell’isola per circa un mese. Nelle sanguinose battaglie sono morti circa 6.800 americani e 21.000 giapponesi.
Il quinto giorno di battaglia, i Marines riuscirono a conquistare il Monte Suribachi, un vulcano dormiente alto 166 metri che ha una posizione dominante nell’isola. Il fotoreporter Louis R. Lowery, che lavorava per la rivista delle forze armate Leatherneck, fotografò Schrier e i suoi uomini in vetta al Suribachi con la bandiera issata(vedi foto in basso).
La vista della bandiera suscitò una scarica di fuoco da parte delle truppe giapponesi. Nel cercare riparo, Lowery ruppe la macchina fotografica e scese giù dalla collina per raccogliere una nuova attrezzatura. Lungo la strada, Lowery incontrò il fotografo Joe Rosenthal, che stava salendo in cima, e gli diede la notizia che la bandiera era stata già issata. Rosenthal , tuttavia, continuò la sua scalata sperando comunque di poter ottenere dei buoni scatti dalla vetta. Arrivato in cima, notò una squadra di Marines che si preparava a sollevare una seconda bandiera più grande, in modo da essere maggiormente visibile. Prese la sua ingombrante fotocamera 4×5 Graflex e, senza nemmeno guardare attraverso il mirino, scattò due immagini della scena. La prima fotografia raccoglie con una perfetta composizione estetica non solo il momento di piantare la bandiera, ma soprattutto rappresenta simbolicamente il coraggio e il cameratismo che l’esercito e il popolo americano si aspettavano e volevano promuovere. Rosenthal, che non era del tutto sicuro di aver catturato il momento, chiese al gruppo di uomini di posare per una terza fotografia sotto le stelle e le strisce volanti (vedi in basso).
Messa in scena o no?
Un malinteso in seguito ha portato a ripetute accuse che la foto, Raising the Flag on Iwo Jima, fosse stata costruita a tavolino. La controversia nasce da un equivoco. Il rullino, contenente le tre immagini fotografiche, fu mandato per lo sviluppo nella redazione militare sull’isola di Guam. Fu subito chiaro che la foto di Rosenthal fosse un’immagine formidabile. Un redattore di AP la tramise via radiofax alla redazione centrale di New York e in sole 48 ore, dall’evento, l’immagine venne distribuita dalla stampa.
Quando Rosenthal raggiunse l’isola di Guam, qualche giorno dopo, la foto era già famosa. Ad alcune persone sembrava troppo bella, come se fosse messa in scena. Robert Sherrod, un reporter di Time e Life che si trovava a Guam, intervistò Rosenthal e gli chiese se la foto fosse stata organizzata. Rosenthal convinto che si stesse parlando della terza foto, rispose che era stata chiaramente messa in scena. Fu solo dopo che si rese conto dell’equivoco. Da allora, la voce della messa in scena ha sempre continuato a circolare. Un’inchiesta di funzionari militari e redattori della rivista Life ha concluso che si trattava di un quadro autentico. Lo stesso Rosenthal ha trascorso il resto della sua vita negando di aver messo in scena l’alzabandiera. In effetti, il video del Sgt. Bill Genaust, che era con Rosenthal durante il momento(vedi in basso) sembra dimostrare queste affermazioni.
La foto ottenne subito un vasto successo in patria e una grande popolarità: vincitrice del Premio Pulitzer per la fotografia nel 1945, l’immagine fu posta al centro di una estesa campagna propagandistica per sostenere lo sforzo bellico degli Stati Uniti, venendo subito riprodotta e diffusa in svariati formati. Dopo la guerra, l’immagine fu presa a modello dallo scultore Felix de Weldon per la realizzazione del Marine Corps War Memorial, inaugurato nel 1954 e posto nelle vicinanze del Cimitero nazionale di Arlington, a Washington.
L’ importanza strategica della conquista del monte Suribachi fu contradetta dal fatto che la battaglia durò numerosi giorni. La foto assunta come simbolo della vittoria, in realtà fu scattata solamente durante il quinto di quaranta giorni di sanguinosa battaglia. Tuttavia, l’immagine di Rosenthal ha saputo raccogliere il carattere simbolico e ergersi al di fuori del singolo evento o tempo, per diventare uno strumento in grado di mostrare l’eroismo e la vittoria dell’esercito americano.
Curiosità sulla fotografia di Raising the Flag on Iwo Jima
1 – Entrambe le bandiere sollevate sulla cima del Monte Suribachi alla fine sono esposte su una base rotante del Museo Nazionale del Corpo dei Marines a Triangle, in Virginia.
2- Il Consiglio dei premi Pulitzer considera il giornalismo pubblicato nell’anno civile precedente al premio. Fece un’eccezione per la foto di Rosenthal, assegnandole il premio per la fotografia del 1945 poco più di due mesi dopo che era stata scattata.
3- L’elenco dei soldati immortalati nell’iconica foto della bandiera innalzata su Iwo Jima è stato più volte corretto. Alcuni di loro morirono, in battaglia, nei giorni successivi.
4- Flags of Our Fathers è un film del 2006 diretto da Clint Eastwood e scritto da William Broyles Jr e Paul Haggis. Basato sull’omonimo libro scritto da James Bradley e Ron Powers, il film descrive la battaglia di Iwo Jima dal punto di vista dei marines statunitensi. Mette in evidenza come tre di sei marines siano stati fagocitati dalla macchina di propaganda americana per raccogliere fondi da destinare ai disastrosi bilanci della guerra.
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