Sebbene molti possano pensare che la prima fotografia della Terra dalla Luna sia stata scattata durante la missione dell’allunaggio dell’Apollo 11, in realtà le prime immagini della Terra osservata dall’orbita lunare risalgono alle cinque missioni della NASA, denominate Lunar Orbiter.
La straordinaria storia dietro la foto
Durante la pianificazione della missione della storica passeggiata sulla Luna di Neil Armstrong e Buzz Aldrin, la NASA ritenne necessario organizzare un programma di raccolta di dati. Questo programma di ricerca puntava a pianificare il punto, privo di massi e crateri pericolosi, su cui la navicella Apollo 11 avrebbe potuto atterrare.
Le mappe della superficie lunare dell’epoca erano approssimative e si basavano sulle poche immagini fotografiche scattate dalla Terra e dai primi satelliti. Per questo motivo, l’agenzia spaziale NASA intraprese tra il 1966 e il 1967, cinque missioni, denominate Luna Orbiter, con l’obiettivo di mappare la superficie della Luna.
Come sviluppare la pellicola in orbita?
Ogni Lunar Orbiter aveva due fotocamere, una con obiettivo ad alta risoluzione e una con una risoluzione media. Invece della pellicola standard da 35 millimetri, le sonde utilizzavano una di 70 millimetri, la stessa dimensione che viene oggi usata per realizzare film IMAX.
Una grande difficoltà nello scatto consisteva nel calcolare, attraverso un sensore elettro-ottico, quanto le pellicole dovessero essere spostate durante l’esposizione per compensare la velocità del veicolo spaziale.
Ma la più grande problematica di questa missione riguardava il fatto di non poter riportare le pellicole a Terra. Fu ideato, pertanto, un innovativo sistema per sviluppare le pellicole direttamente a bordo delle sonde. Un laboratorio automatizzato inventato da Kodak e chiamato Bimat (reso di dominio pubblico solo il 13 luglio del 2001), che era integrato all’interno dell’apparecchio fotografico della sonda.
Il sistema Bimat prevedeva a un metodo di sviluppo semisecco. La pellicola da 70 mm veniva pressata contro una seconda pellicola, ricoperta con una soluzione colloidale di sviluppatore e fissatore. Un tamburo riscaldato asciugava la pellicola sviluppata, che veniva scannerizzata per mezzo di un fotomoltiplicatore e trasmessa via radio nelle sedi NASA, dove i dati ricevuti venivano registrati su nastri magnetici.
La prima foto della Terra dalla Luna
In un precedente articolo di storia della fotografia abbiamo visto la storia dietro al primo dagherrotipo che ritrae la luna. Le prime immagini spaziali della terra risalgono, invece, all’11 novembre 1935, quando il pallone aerostatico Explorer II fu lanciato dagli Stati Uniti raggiungendo la quota record di 22 mila metri d’altezza.
La prima fotografia della terra vista dalla Luna venne scattata il 23 agosto 1966, alle 16:36 ora del meridiano di Greenwich, dal satellite Lunar Orbiter I. La foto che inquadra in maniera straordinaria la Terra venne accolta come un’immagine di straordinaria importanza.
Anche se le nuvole turbinano nell’atmosfera, nascondendo quasi tutte le caratteristiche identificative sulla superficie sottostante, il bordo occidentale dell’Africa è appena visibile.
La manovra per scattare questa foto fu molto complicata e rischiosa, perché fu necessario far ruotare la sonda lateralmente, cosa che non era stata provata in precedenza. Nella versione originale della immagine del 1966 possiamo vedere in maniera chiara le strisce della scannerizzazione, eliminate nella versione restaurata e digitalizzata nel 2008.
La fama di questo scatto straordinario durò ben poco. Due anni dopo della fotografia di Luna Orbiter, il 24 dicembre del 1968 l’astronauta William Anders, nel corso della missione Apollo 8, scattò una foto a colori del mostro pianeta dall’orbita lunare.
Questa fotografia, nota come “Earthrise”, inclusa da LIFE tra le “100 fotografie che hanno cambiato il mondo”, fece cadere nel dimenticatoio l’immagine di Lunar Orbiter.
Il Programma di digitalizzazione delle immagini del Lunar Orbiter
Le cinque missioni Lunar Orbiter hanno mappato il 99% del suolo della Luna. Le 1.478 bobine di nastri magnetici raccolte sono state abbandonate in un magazzino del Maryland.
Nel 2005 l’imprenditore Dennis Wingo e l’astrobiologo Keith Cowing hanno avviato un progetto di digitalizzazione delle foto scattate dai Lunar Orbiter. Il progetto denominato LOIRP (Lunar Orbiter Image Recovery Project), è stato finanziato tramite fondi privati e il supporto della NASA. La base operativa di questo progetto è stata allestita in un McDonald’s abbandonato, presso l’Ames Research Center della NASA.
Grazie questo progetto, i dati memorizzati su nastri magnetici sono stati convertiti in formato digitale, utilizzando una combinazione della moderna tecnologia di imaging digitale e dei macchinari restaurati degli anni ’60.
Il progetto è stato completato nel 2017 e l’intero set di immagini dell’orbita lunare rielaborate è disponibile online nel NASA Planetary Data System. La galleria fotografica di Lunar Orbiter è formata da una raccolta di oltre 2.600 fotografie.
Altri articoli sulla storia della fotografia
Questo articolo fa parte di altri articoli sulla storia della fotografia. Se vi piace la storia e siete curiosi vi consiglio di scoprire i misteri della prima fotografia della storia della fotografia , della prima fotografia a colori e della prima fotocamera digitale.
Condividi:
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per inviare l'articolo via mail ad un amico (Si apre in una nuova finestra)