“Nessuno ha mai scoperto la bruttezza tramite le fotografie. Ma molti, tramite le fotografie hanno scoperto la bellezza” (Susan Sontag).
Il fatto che si elogi spesso la fotografia per essere veritiera, rivela un falso. Un decennio dopo che, intorno al 1845, Fox Talbot aveva incominciato a sostituire il dagherrotipo, un fotografo tedesco inventò la prima tecnica per ritoccare il negativo. Le sue due versioni di uno stesso ritratto, l’una ritoccata e l’altra no, stupirono la folla accorsa nell’Exposition Universelle de Paris nel 1855. L’annuncio che la macchina fotografica poteva “mentire” rese ancora più popolare il mezzo fotografico. Le conseguenze di questa “menzogna” furono molto importanti per la fotografia. Se un quadro falso (cioè un quadro con una attribuzione sbagliata), falsifica la storia dell’arte, una fotografia “falsa”(ovvero una fotografia ritoccata o ancora accompagnata da una falsa didascalia) falsifica la realtà.
La storia della fotografia potrebbe essere letta come la storia della lotta tra due differenti imperativi: quello di abbellire, che viene dalle belle arti e quello di dire la verità, che proviene dalle scienze. Se il pensiero iniziale riteneva che il fotografo fosse un osservatore acuto, ma imparziale, con la scoperta che l’oggettività era solo una mistificazione (nessuno fotografa lo stesso oggetto allo stesso modo), l’ipotesi che le immagini fotografiche fornissero una rappresentazione impersonale dovette cedere il passo al fatto che le fotografie non attestano solo quello che c’è, ma anche quello che il fotografo vede attraverso la sua interpretazione, che non è mai soltanto documento, ma soprattutto valutazione personale del mondo circostante.
La fotografia ha la capacità di permettere questo straordinario ponte tra linguaggio artistico e linguaggio scientifico, che è precluso all’arte pittorica. Scrosta la visione abituale e crea un’altra maniera di vedere, da una parte intensa, ma allo stesso modo lucida, partecipe ed insieme distaccata. Tuttavia, affinché l’osservazione fotografica dia l’impressione di contravvenire alla visione ordinaria, si richiede una costante ricerca caratterizzata da continui shock.
Nell’attuale clima di disillusione, è sempre più difficile trovare un senso nell’idea formalistica della bellezza eterna. Le più recenti generazioni artistiche sembrano cercare il bello nel dramma, nel cupo e nel tragico, per dimostrare come possa esserci bellezza nell’umile, nel banale o nel decrepito. Le fotografie non hanno più la pretesa di spiegare, se ci forniscono dei messaggi, essi sono allo stesso tempo trasparenti e misteriosi. La forza di una fotografia sta quindi nella conservazione di momenti che il normale fluire del tempo sostituisce immediatamente, ma che il fotografo congela attraverso la sua interpretazione visiva ed emotiva.
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Perdonatemi, ma la foto di Bresson la pubblicate capovolta??
é stata una scelta per enfatizzare il titolo
Molto bello il suo articolo. Potrei sapere l’aurore della Seconda fotografia quella delle sue bambine?
Grazie
Enrica
Molte grazie…Si tratta di Herbert List
[…] Giuseppe Santagata, La menzogna della fotografia, Fotografia Artistica, 2011: https://fotografiaartistica.it/2011/03/la-menzogna-della-fotografia/ […]