La fotografa Zanele Muholi è nota per affrontare tematiche di genere, sessualità e identità, concentrandosi in particolare sulla rappresentazione delle persone LGBTQI+ in Africa. Muholi si definisce una “visual activist” non binaria che utilizza la fotografia per esplorare e documentare le storie e le vite di individui spesso emarginati o invisibili nella società.
La vita di Zanele Muholi
Nata il 19 luglio 1972, Zanele Muholi è cresciuta a Umlazi, un sobborgo di Durban, in Sudafrica. Muholi ha studiato un corso di fotografia avanzata al Market Photo Workshop di Newtown, Johannesburg nel 2003, e ha tenuto la sua prima mostra personale alla Johannesburg Art Gallery nel 2004. Nel 2009 ha conseguito il Master of Fine Arts in Documentary Media presso la Ryerson University di Toronto. La fotografa ha ricevuto per la prima volta l’attenzione globale dal mondo dell’arte nel 2012 a Documenta, una mostra di arte moderna e contemporanea di fama mondiale in Germania, per la serie “Faces and Phases”.
Oltre alla sua pratica artistica, Muholi è un attivista impegnata nella difesa dei diritti delle persone LGBTQI+ in Sudafrica e nel mondo. Nel 2002, ha co-fondato il Forum of Empowerment of Women, un’organizzazione di difesa del femminismo gay, e ha fondato un forum per i media attivisti visivi queer, chiamato Inkanyiso, nel 2009. Il 28 ottobre 2013 è stata nominata Professore Onorario di video e fotografia presso l’Università delle Arti di Brema in Germania. Nel 2017 Muholi è stata selezionata come rappresentante ufficiale del Sudafrica alla Biennale di Venezia, presentando un’esposizione intitolata “Somnyama Ngonyama: Hail the Dark Lioness”, una serie di autoritratti che esplorano l’identità nera e la lotta contro il razzismo.
Il lavoro della fotografa sudafricana è stato esposto in numerose mostre personali in tutto il mondo, tra cui citiamo quella al Goethe-Institut di Johannesburg (2012); il Brooklyn Museum di New York (2015); lo Stedelijk Museum di Amsterdam (2017); l’Autograph ABP diLondra (2017) e il Museo d’Arte Moderna di Buenos Aires (2018). Tra i numerosi premi di cui è stata insignita citiamo il Lucie Humanitarian Award (2019); il Rees Visionary Award di Amref Health Africa (2019); una borsa di studio della Royal Photographic Society del Regno Unito (2018); il Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres francese (2017); e il Premio Mbokodo nella categoria arti visive (2017).
Lo stile fotografico di Zanele Muholi
Nel 1996, la nuova costituzione del governo sudafricano ha posto fine all’apartheid ed è diventata la prima proteggere i diritti delle persone gay dalla discriminazione. Ma i crimini d’odio omofobico sono tuttora una piaga sociale. In questo contesto storico- culturale, l’esistenza del lavoro di Zanele Muholi offre una forma di resistenza visuale nei confronti del razzismo, del colonialismo e dell’odio verso la comunità LGBTQI+. Sottolineando il potere delle immagini nel plasmare l’opinione pubblica e nell’ispirare azioni concrete. Muholi trasforma la fotocamera in una arma, che sfida gli stereotipi culturali e promuove la consapevolezza dei diritti umani.
Le immagini di Zanele Muholi hanno l’abilità di catturare le complessità delle identità attraverso una lente autentica e intima. Immagini apparentemente semplici che vanno oltre la superficie, scavando dentro le persone ritratte. Un lavoro audace e provocatorio, ma soprattutto tenero e bello. Attraverso il suo obiettivo, Muholi sfida le norme sociali e rappresenta una vasta gamma di esperienze queer. Nelle sue immagini, vediamo una riflessione approfondita sulla fluidità di genere e sull’autoespressione, sottolineando che non esiste una singola narrativa riguardo all’identità. La fotografa sudafricana considera il suo approccio all’atto fotografico come collaborativo, intendendo gli individui fotografati come “partecipanti”, piuttosto che soggetti. Ogni persona ha, infatti, la possibilità di scegliere la posa, l’abbigliamento e l’ambientazione in cui essere fotografato, di scegliere come voler apparire. La scelta di Muholi di lavorare in bianco e nero aggiunge un livello di intimità e universalità alle sue fotografie. Eliminando il colore, si concentra sulle espressioni, sul linguaggio del corpo e sulle connessioni emotive tra il soggetto e lo spettatore.
La serie Faces and Phases
Nel 2006, Muholi ha iniziato il progetto lungo termine Faces and Phases, un’ambiziosa serie di ritratti, ad oggi più di 500 stampe su gelatina d’argento, realizzati su sfondi semplici o fantasia. Faces and Phases registra la resilienza in mezzo alla violenza e all’oppressione vissuta da molti individui queer neri in Sud Africa e offre una testimonianza della ricca diversità.
Attacchi e rapine
Il 20 aprile 2012, dei ladri hanno prelevato dall’appartamento di Zanee Muholi a Vredehoek il laptop e altri venti hard disk esterni primari e di backup, contenenti cinque anni di lavoro. Nient’altro è stato rubato, sollevando il sospetto che il lavoro di Muholi sia stato preso di mira come rappresaglia. Nel luglio 2017, una collaboratrice di Muholi, Sibahle Nkumbi, è stata spinta giù da una scala ad Amsterdam dal suo ospite Airbnb, mentre era in visita nei Paesi Bassi per coprire l’inaugurazione della mostra di Muholi allo Stedelijk Museum. Nkumbi è stato ricoverata in ospedale, riportando una commozione cerebrale e notevoli contusioni. Le riprese video dello scontro sono successivamente diventate virali e l’ospite è stato accusato di tentato omicidio colposo.
La frase di Zanele Muholi
“Sono i problemi personali che mi spingono a fare ciò che faccio, perché sono stata stuprata più di 50 volte, semplicemente ascoltando ciò che hanno passato le donne che hanno confessato e confermato il loro amore per altre donne”.
Per conoscere altri grandi fotografi
Se volete vedere il lavoro dei grandi maestri della fotografia vi rimando alla sezione Maestri della fotografia. Se, invece, volete approfondire le nuove correnti fotografiche e i nuovi autori della fotografia artistica, vi rimando alla sezione Fotografia Artistica.
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