“Idealmente, la mia fotografia è un appello politico. Fotografo principalmente per parlare in pubblico di ciò che m’interessa. La macchina fotografica è come un contatore Geiger, indica la presenza o l’assenza di radiazioni. Analizza e registra soltanto quello che qualcuno seleziona, puntando la camera di fronte…. Fare una fotografia è per lo più un processo intellettuale di comprensione delle persone, delle città e delle loro connessioni storiche e fenomenologiche. A quel punto la foto è quasi fatta, e tutto ciò che rimane è il processo meccanico”.
Thomas Struth è uno dei più influenti e quotati fotografi nel mondo dell’arte. Nato nel 1954 a Geldern in Germania, Thomas studia all’Accademia d’arte di Düsseldorf, prima pittura con Gerhard Richter e dal 1976 fa parte della nascente classe di fotografia di Bernd e Hilla Becher. L’approccio fotografico di Thomas Struth è intellettuale, controllato e meditato. Tra documentazione e interpretazione le immagini del fotografo tedesco si soffermano sulla relazione tra l’individuo e le dinamiche della società.
Il primo progetto nasce sotto l’impulso di un’esposizione in Accademia. Thomas, ancora studente, si concentra sul panorama architettonico della città di Düsseldorf. Una serie di 49 fotografie, scattate da una prospettiva centralizzata, che ritraggono una Düsseldorf deserta. Struth evita i forti contrasti di luce e ombra, preferendo la luce riflessa del mattino, per consentire un trattamento neutro delle scene. Nel 1978 Struth diventa il primo artista in residenza presso il PS 1 di Long Island City (New York). Qui inizia la serie di paesaggi urbani in bianco e nero a cui si aggiungeranno, tra le altre, le città di Parigi (1979), Roma (1984), Edimburgo (1985) e Tokyo (1986).
Le immagini di Struth colgono nell’architettura composita del panorama urbano, la storia, i simboli, i valori e le strutture della vita dei suoi abitanti. A metà degli anni 1980, Struth inizia la serie Familienleben (vite di famiglia). In queste immagini il fotografo tedesco si concentra sulle dinamiche sociali sottostanti il gruppo basilare della società.
Il ritratto familiare è un genere quasi scomparso nell’arte contemporanea, abbandonato dalla pittura a favore della fotografia professionale e oramai diventato esclusiva degli scatti amatoriali. La serie mostra l’autorappresentazione di una famiglia che sceglie di mostrare pubblicamente la propria immagine del mondo privato. Struth delega alla famiglia la scelta del luogo, all’interno della casa, in cui scattare la fotografia e la scelta della posa.
Nel 1989, Struth inizia a lavorare al suo ciclo più noto, Museum Photographs, una serie d’immagini che ritraggono l’interno dei musei con i visitatori intenti a contemplare le opere. Thomas Struth immortala le sale del museo con i suoi capolavori universali, coinvolgendo gli stessi visitatori, che da osservanti, diventano osservati.
Dal 1998 Struth inizia la serie Paradise, in cui fotografa frammenti di foreste pluviali incontaminate. In questi lavori l’interesse dell’artista si concentra sulle strutture visive, più che sulla botanica. I frammenti rendono la percezione di queste immagini indefinita e astorica.
Nella serie più recente Struth ha puntato l’obiettivo su centri spaziali e di ricerca, non sottolineando tanto la tecnologia in sé, quanto piuttosto i contesti che consentono all’ambizione umana di manifestarsi e agli intrecci che nascono da questo processo. Se volete vedere il lavoro dei grandi maestri della fotografia vi rimando alla sezione Maestri della fotografia. Se, invece, volete approfondire le nuove correnti fotografiche e i nuovi autori della fotografia artistica, vi rimando alla sezione Fotografia Artistica.
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Verissimo anche per me !!!
"Fare una fotografia è per lo più un processo intellettuale di comprensione delle persone, delle città e delle loro connessioni storiche e fenomenologiche. A quel punto la foto è quasi fatta, e tutto ciò che rimane è il processo meccanico”
Grazie
E come disse Roland Barthes :"Ciò che la fotografia riproduce all’infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più ripetersi esistenzialmente."