Nadia Sablin è una fotografa russa con un grande talento nel catturare immagini poetiche e intime. La sua fotografia si concentra principalmente sulla vita e sulla cultura delle persone che vivono nelle aree rurali della Russia.
La vita di Nadia Sablin
Nata (1980) e cresciuta in Russia prima di trasferirsi negli Stati Uniti, Nadia Sablin si è sempre trovata intrappolata tra questi due mondi diversi. Ha trascorso la sua infanzia a Primorsky Krai, una regione nella parte orientale della Russia. Ha sviluppato la sua passione per la fotografia fin da giovane, crescendo in un ambiente artistico (la sua famiglia aveva una lunga tradizione nel campo della fotografia), circondata dall’ispirazione visiva della sua terra natale. Trasferitasi negli Stati Uniti a 12 anni, ha studiato fotografia presso il Rochester Institute of Technology e ha conseguito un MFA presso l’Arizona State University nel 2011.
Nadia Sablin ha vinto numerosi premi e riconoscimenti per il suo lavoro, tra cui l’Hasselblad Foundation Victor Fellowship nel 2015. Le sue fotografie sono state esposte in tutto il mondo e sono state pubblicate su importanti pubblicazioni come National Geographic, The New Yorker e The Washington Post. Attualmente vive tra Brooklyn e San Pietroburgo. Oltre alla sua carriera di fotografa, Nadia è anche un’insegnante di fotografia presso la SUNY di New York.
Lo stile delle foto di Nadia Sablin
Le fotografie di Nadia Sablin sono caratterizzate da una sensibilità unica per l’ambiente e la narrazione visiva. Utilizzando una combinazione di luce naturale, composizione accurata e una prospettiva distintiva, Sablin crea immagini che raccontano storie complesse ed affascinanti.
Il lavoro della fotografa russa indaga la relazione tra documentario e narrazione fantastica, mescolando sapientemente l’una con l’altra. La sua visione esplora il mondo più vasto attraverso narrazioni personali e intime. Un tema ricorrente nelle fotografie di Nadia Sablin è il legame tra le persone e il territorio. Le sue immagini catturano la bellezza e la durezza della vita rurale, offrendo uno sguardo di una cultura spesso trascurata.
La serie Aunties
Una delle sue serie più riconosciute e apprezzate è intitolata “Aunties” (zie). Questo progetto fotografico esplora le dinamiche familiari e la vita quotidiana delle zie di Sablin che vivono in un villaggio remoto nel nord-ovest della Russia. Le fotografie catturano momenti intimi, evidenziando il legame forte tra le zie e il loro ambiente. Le immagini di Sablin sono caratterizzate da un’estetica delicata e poetica, che crea una narrazione visiva coinvolgente.
Questa serie in particolare mette in luce la forza e la resilienza delle donne anziane che, nonostante la durezza della vita rurale, continuano ad affrontare la vita con grazia e coraggio.
Years Like Water
“Years Like Water” è un progetto decennale della fotografa Nadia Sablin, che esplora la vita e la cultura del villaggio di Alekhovshchina, situato nella regione di Leningrado in Russia. La serie è stata ispirata dalla storia della nonna di Sablin, che ha vissuto in questo villaggio per tutta la sua vita. “Years Like Water” è un omaggio al tempo che scorre e alla vita che continua a fluire nelle comunità rurali.
Le fotografie di Sablin ci offrono una finestra in un mondo dove le tradizioni sono ancora vive e la connessione con la terra è profonda. La serie si concentra su quattro famiglie correlate e sull’impatto della natura, della mitologia e delle istituzioni sulle loro vite. Immagini che sfidano la “narrativa ordinata” della “Russia di Putin” ritratta dai media e mostrano la complessità della bellezza, della povertà, del trauma e della speranza di un villaggio. La serie è stata pubblicata in forma di libro nel 2013, ricevendo lodi e riconoscimenti sia dalla critica che dal pubblico.
La frase di Nadia Sablin
“Penso che sia importante raccontare narrazioni personali in modo che l’individuo non si perda in un mare di generalità e stereotipi. Vedere la vita dal punto di vista di qualcun altro crea una comprensione più empatica e più ricca del mondo. Ciò che ci viene mostrato nelle notizie tende a ridurre i movimenti globali a dimensioni digeribili. Mi interessa fare l’opposto: raggiungere l’universale attraverso il personale; raccontare la verità attraverso la finzione”.
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