Catherine Opie è una fotografa americana che esplora il concetto di identità, attraverso numerose opere e soggetti che spaziano dall‘identità queer, ai paesaggi urbani e naturali, alle comunità temporanee, alla politica e alla critica iconografica.
La vita di Catherine Opie
Catherine Opie nasce a Sandusky, Ohio, nel 1961. Fin da giovane, scopre il lavoro del fotografo Lewis Hine, noto per aver documentato le condizioni dei lavoratori minorenni all’inizio del XX secolo. Ispirata dalle immagini di Hine, chiede una macchina fotografica per il suo nono compleanno, e i suoi genitori le regalano una Kodak Instamatic. Inizia immediatamente a fotografare la sua famiglia e il suo quartiere, mostrando fin da subito un interesse per le comunità che ancora oggi caratterizza il suo lavoro. Nel 1985, consegue il Bachelor of Fine Arts presso il San Francisco Art Institute, e nel 1988 ottiene il Master of Fine Arts presso il California Institute of the Arts a Valencia.
Opie ha allestito mostre personali presso il Museum of Contemporary Art di Los Angeles (1997); il Saint Louis Art Museum (2000); The Photographers’ Gallery di Londra (2000); il Walker Art Center di Minneapolis (2002); l’Aldrich Contemporary Art Museum di Ridgefield, Connecticut (2006); il Museum of Contemporary Art di Chicago (2006); il Solomon R. Guggenheim Museum di New York (2008); il Los Angeles County Museum of Art (2010 e 2016); il Portland Art Museum (2010–11); l’Institute of Contemporary Art di Boston (2011); il Wexner Center for the Arts dell’Ohio State University, Columbus (2015); e l’Hammer Museum di Los Angeles (2016), tra gli altri. Il suo lavoro è stato esposto anche alla Whitney Biennial (1995 e 2004), alla Melbourne International Biennial (1999) e alla SITE Santa Fe Biennial (2006). Ha insegnato presso l’università di Yale e l’Università della California a Los Angeles. Attualmente vive e lavora a Los Angeles.
Lo stile fotografico di Catherine Opie
Catherine Opie esplora le connessioni tra la società mainstream e quella marginale. Attraverso la fotografia, documenta il rapporto tra l’individuo e lo spazio abitato, indagando l’identità americana e le tensioni tra il sogno americano e le diverse realtà dei suoi cittadini. Unendo stile concettuale e documentaristico, Opie si concentra su ritratti e paesaggi, utilizzando immagini in serie e composizioni inaspettate per evidenziare e sfumare le linee di genere, comunità e luogo.
Cresciuta in una famiglia conservatrice e avendo vissuto abusi durante l’infanzia, Opiei è molto soffermata sulla nozione di identità.
I Self-Portraits sono una serie di tre fotografie: Cutting (1993), Pervert (1994) e Nursing (2004), tutte ambientate davanti a uno sfondo di tessuto riccamente colorato, simile al broccato. Storicamente, il simbolismo visivo nei ritratti ha svolto un ruolo importante nella costruzione dell’identità e nella narrazione dei soggetti raffigurati. Nella ritrattistica rinascimentale italiana e dell’Europa settentrionale, a tal proposito, il broccato, un tessuto di seta intrecciato e tinto, simboleggiava un certo tipo di status sociale. Utilizzando questo materiale come sfondo per i suoi autoritratti, Opie riesce sia a elevare, che a rendere visibile l’esperienza queer all’interno di una società prevalentemente eteronormativa. In Cutting, la schiena nuda di Opie è rivolta verso l’osservatore. Davanti a lei, un drappo di tessuto color verde scuro, stampato con ciotole di frutta stilizzate. Sulla sua schiena è inciso un disegno grezzo e infantile raffigurante due donne che si tengono per mano davanti a una casa; un sole fa capolino da dietro una nuvola e due uccelli volano paralleli. Gocce di sangue si raccolgono nei raggi del sole o gocciolano dal camino.
In Pervert il volto è nascosto dietro una maschera sadomaso, con le braccia trafitte da una fila di aghi, gli stessi usati per incidere la parola “Pervert” sul petto nudo. In Nursing, Opie si fotografa mentre allatta il suo bambino in uno sfondo di drappi rossi e dorati.; i loro sguardi si incontrano al di sopra della cicatrice della parola “pervert” sul petto, che è ormai sbiadita.
L’approccio empatico di Catherine Opie nel ritrarre i suoi soggetti e il suo interesse di lunga data nel smascherare gli stereotipi culturali sono evidenti in serie come Surfers (2003) e High School Football (2007–09). In quest’ultima, adolescenti in uniforme – un simbolo della ipermascolinità americana – posano per i ritratti. Opie riesce a catturare qualcosa che va oltre la superficie della rappresentazione di genere, pensata nel nascondere emozioni o individualità, mostrando le insicurezze e le fragilità che si celano ovunque.
Nella serie Rhetorical Landscapes Opie mostra le paludi di Okefenokee che si trovano nella Georgia meridionale e nella Florida settentrionale. Le fotografie su larga scala delle paludi sono immersive, con dettagli viventi in mezzo a paesaggi naturali apparentemente in deterioramento. Per Opie, la palude è emblematica della terribile vulnerabilità ambientale e umana che è il risultato del cambiamento climatico, dei problemi di conservazione ecologica e del danno all’Environmental Protection Agency procurato dall’amministrazione di Donald Trump.
La frase di Catherine Opie
“Credo nel testimoniare nel modo più semplice che la fotografia permette”.
Per conoscere altri grandi fotografi
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