La fotografia di Rafael Sanz Lobato è rimasta nascosta alle grandi istituzioni e al grande pubblico, per parecchio tempo. Nonostante ciò, Sanz Lobato è considerato il pioniere della fotografia antropologica spagnola. Nel suo lavoro si fondono approccio documentario, osservazione antropologica e fotogiornalismo.
La vita
Nato a Siviglia nel 1932, Rafael Sanz Lobato si trasferisce a Madrid con la famiglia nel 1941. Dipinge fino all’età di 15 anni, poi, nel 1956 acquista prima macchina fotografica. Nel 1964 entra a far parte della Real Sociedad Fotográfica di Madrid. Nel 1965 fonda, con altri fotografi (Carlos Miguel Martínez, Donato de Blas, Nieto Canedo, Serapio Carreño, Mordí Landa, Carlos H.Corcho Botella e José Blanco Pernía) il gruppo “La Colmena” , e successivamente il “Grupo 5 ” (con Vila Massip, Sanchís Soler, Juan Antonio Sáez López e Carlos Hernández Corcho). Nel 1971 si allontana dalla Real Sociedad Fotografica a causa del contesto politico esistente e delle differenze con Gerardo Vielba che avrebbe fatto tacere un’intera generazione di fotografi.
Il suo lavoro fotografico è stato riscoperto grazie al ricevimento di due prestigiosi premi: la Medaglia d’oro al Merito nelle Belle Arti (2004) e il “Premio Nacional de Fotografía“ assegnato dal Ministero della Cultura Spagnolo, nel 2011. Lobato muore il 22 aprile 2015 a Madrid a causa del cancro ai polmoni.
Lo stile del fotografo Rafael Sanz Lobato
Il lavoro del fotografo andaluso si inquadra in quello della generazione di fotografi che, tra gli anni 50 e 70, fece da ponte tra la nuova avanguardia neorealista del dopoguerra e i nuovi metodi di osservazione fotografica nati dopo il 1968.
L’opera di Sanz Lobato ha il merito di aver lasciato traccia di scene campestri, feste tradizionali e folcloristiche di una Spagna che non c’è più. La straordinaria sensibilità del fotografo spagnolo è riuscita, attraverso un’enorme e rigorosa mole di lavoro, non solo a documentarne le trasformazioni, ma anche a catturarne i sentimenti, i paesaggi e i volti, ergendoli a metafora poetica del dramma e della bellezza di un mondo ormai passato.
Il realismo documentale di Lobato, si serve di un bianco e nero dotato di grande intensità. Il lavoro del fotografo andaluso ha avuto un’influenza fondamentale su molti autori delle generazioni successive, prima fra tutti Cristina Garcia Rodero. La vasta cultura fotografica lo ha spinto costantemente ad affrontare nuove sfide, nella costante voglia di sperimentare per avvicinarsi dapprima al ritratto e al culmine della sua carriera, alla natura morta.
Se volete vedere il lavoro di altri maestri della fotografia vi rimando alla sezione Maestri della fotografia. Se, invece, volete approfondire le nuove correnti fotografiche e i nuovi autori della fotografia artistica, vi rimando alla sezione Fotografia Artistica.
La citazione
“Il bianco e nero ha un alone speciale che è incomparabile. È una delle tonalità più meravigliose che la fotografia ci ha dato. È più creativo del colore e ci lascia esprimerci all’infinito”.
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Complimenti, mi hai fatto conoscere un autore a me sconosciuto. Lo stile di questo autore è suggestivo, forte, comunicativo e diretto. Sono messaggi, le sue opere, crude a molto realistiche.
Buon lavoro.
Massimo
Grazie Massimo