“Penso che la mia arte, come la maggior parte dell’arte contemporanea, sia diretta alla coscienza creativa di chi guarda. Lo spettatore deve completare il ciclo, proiettarsi in esso in qualche modo“.
Jerry Uelsmann è uno dei più grandi maestri della fotografia moderna e contemporanea. Nato nel 1934 a Detroit, fa parte di un selezionato gruppo di artisti che ha cambiato il linguaggio stesso del mezzo fotografico. Fin dagli inizi della sua carriera, verso la fine degli anni ’50, divenne il pioniere di un nuovo approccio – diametralmente opposto all’estetica prevalente in quel periodo – che influenzò un’intera generazione di artisti e fotografi. Le sue immagini dal sapore onirico creano spontanee associazioni, riferimenti e omaggi alla pittura di Renè Magritte, alla psicologia di Carl Jung e alle fotografie di Man Ray.
Realizzate analogicamente con sofisticate combinazioni di tecniche di ripresa e di stampa in camera oscura, le sue surreali composizioni hanno anticipato di decenni le immagini create attraverso la manipolazione digitale. Uelsmann ha studiato presso il Rochester Institute of Technology e alla Indiana University e ha insegnato per più di quaranta anni presso la University of Florida a Gainesville dove ancora oggi risiede insieme alla moglie e artista Maggie Taylor. I suoi lavori fanno parte delle più importanti collezioni di fotografia del mondo e sono state esposte in numerosissime mostre personali, compresa quella che nel 1978 fu curata da John Szarkowski presso il M.o.M.A. di New York e che gli procurò il meritato riconoscimento internazionale.
Il momento creativo, che in ambito di previsualizzazione e di straight photography raggiunge il suo apice, esaurendosi, al momento dello scatto, con Uelsmann si dilata ben oltre quell’istante; ciò che in precedenza costituiva un traguardo diviene un punto di partenza, e il risultato finale è ben lungi dall’essere previsto o prevedibile. L’artista combina, di volta in volta, immagini diverse per dar vita a sempre nuove creazioni; un singolo negativo potrà essere reinterpretato e ridefinito nel suo significato infinite volte; una vera e propria ars combinatoria, ben determinata ad eludere ogni barriera razionale.
Questa teorizzazione ha fatto di Uelsmann uno tra i più radicali e influenti fautori della rivoluzione fotografica degli anni Sessanta, che, lasciandosi alle spalle l’istantaneità del ‘momento decisivo’, espanse il concetto stesso di fotografia, emancipandola dal suo status di affidabile testimone del reale. Una posizione, questa, maturata anche grazie alla guida di maestri d’eccezione come Minor White, o Beaumont Newhall, del quale seguì le lezioni di storia della fotografia nel ’53, in qualità di allievo in una delle prime classi dedicate esclusivamente a questa materia.
L’opera di Uelsmann viene ‘costruita’ attraverso impeccabili sovrimpressioni di vari negativi su un’unica stampa. Lo stesso risultato sembra proibitivo col fotoritocco digitale, ma Uelsmann è un vero e proprio mago dello sviluppo in camera oscura. La plausibilità del visibile non viene mai contraddetta: il reale non risulta mai deformato; ogni elemento della scena, considerato singolarmente, non urta la nostra addomesticata e impigrita capacità percettiva. Tuttavia l’insieme destabilizza, meraviglia nella visionarietà dell’effetto.
Il coinvolgimento estremo che si prova di fronte alle immagini del grande fotografo deriva in gran parte proprio da questo loro essere delle ‘opere aperte’, suscettibili di illimitate interpretazioni. Se volete vedere il lavoro di altri maestri della fotografia vi rimando alla sezione Maestri della fotografia. Se, invece, volete approfondire le nuove correnti fotografiche e i nuovi autori della fotografia artistica, vi rimando alla sezione Fotografia Artistica.
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Ma questo è un genio!!
E noi siamo ancora qui a discutere su quanta post produzione sia ammissibile o meno??!! Dopo 60 anni non abbiamo ancora imparato a spostare la discussione su temi ben più produttivi :o(