Harry Gruyaert è considerato uno dei fotografi più influenti della fotografia a colori nel panorama europeo. Sulla scia di alcuni pionieri americani, Harry Gruyaert ha usato, nelle sue immagini, le vibrazioni cromatiche con una costruzione altamente pittorica.
La vita di Harry Gruyaert
Harry Gruyaert nasce nel 1941 ad Anversa. Dopo aver studiato dal 1960 al 1963 presso la Scuola di Cinema e Televisione di Bruxelles. Gruyaert è stato così influenzato dal cinema che inizialmente pensava di diventare un regista. Michelangelo Antonioni è stato il suo regista preferito e Gruyaert ha studiato l’inquadratura e il senso dello spazio nei suoi film. Gruyaert ha provato a lavorare come direttore della fotografia per la televisione fiamminga in alcuni documentari televisivi, ma presto ha deciso di dedicare tutta la sua attenzione alla fotografia. Si e’ trasferito a Parigi, lavorando come freelance nel campo della moda e della pubblicità e assistendo fotografi del calibro di William Klein e Jeanloup Sieff.
Nel 1969 realizza il primo dei suoi numerosi viaggi in Marocco. La totale immersione nei colori e nei paesaggi marocchini gli fanno vincere il prestigioso premio Kodak nel 1976. Seguiranno i viaggi in India, dove si reca la prima volta nel 1976, e in Egitto nel 1987. Lontano dall’indugiare nello stereotipo esotico, la visione di Gruyaert trasporta lo spettatore in atmosfere misteriose, affascinanti ed a tratti impenetrabili. A New York, era in contatto con la pop art, che ha avuto una forte influenza nel suo lavoro successivo, e ha ispirato la sua famosa serie TV Shots (1972), un progetto che gioca con le distorsioni e le aberrazioni cromatiche della televisione.
Gruyaert è entrato a far parte della prestigiosa agenzia Magnum Photos nel 1981 e ne è diventato membro a pieno titolo nel 1986. Una retrospettiva del suo lavoro a Parigi nel 2015. Vive a Parigi ed è rappresentato dalla Galleria 51 ad Anversa.
Lo stile della fotografia di Harry Gruyaert
L’intuitivo lavoro a colori di Harry Gruyaert non è stato subito apprezzato. Il mondo fotografico europeo guardava con scetticismo sia alla fotografia di strada sia alla fotografia a colori, che era vista come il linguaggio associato alla pubblicità. Dalla fine degli anni 70, il lavoro del fotografo belga è stato ripreso in considerazione e oggi, Harry Gruyaert viene considerato come uno dei più importanti fotografi europei.
Fortemente influenzato dai parallelismi e dagli eventi enigmatici messi in risalto dal movimento surrealista, Harry Gruyaert non dissocia i colori dalla forma, ma si serve degli stessi per amplificarne il significato delle sue immagini. Colori accesi e composizioni dense sono i marchi di fabbrica nell’approccio del fotografo belga. Il colore diventa espressione della sensazione della stessa. Il suo stile di fotografia è lontano dal documentario, le sue immagini, infatti, non raccontano una storia. Gruyaert cattura piuttosto le atmosfere, con giochi di luci e ombre che trasformano in uniche le scene quotidiane.
Costruite attorno a una grafica audace e a un’illuminazione avvolgente e suggestiva, le immagini sature e non narrative di Gruyaert hanno forgiato un nuovo terreno nella scena fotografica europea. Harry Gruyaert è rimasto legato, per la maggior parte della sua carriera, alle fotocamere a telemetro Leica della linea M. Quasi tutte le immagini del fotografo belga sono state scattate con pellicole Kodachrome e una lente da 50 mm.
Dopo che la fabbricazione delle pellicole Kodachrome è stata interrotta, Harry Gruyaert ha iniziato a scattare anche in digitale. Negli ultimi anni ha sperimentato anche con un obiettivo zoom.
Nella prefazione al libro di fotografia Edges di Harry Gruyaert Edges, lo scultore Richard Nonas riassume il lavoro del suo buon amico: “Harry Gruyaert ignora la grammatica del centro e del bordo, trova i confini sfocati della vita che si sovrappone, i luoghi in cui una cosa ha cominciato ad essere un’altra. Fotografa i processi, non i risultati. Fotografa i momenti colti durante la transizione”.
La frase di Harry Gruyaert
“Il mio lavoro racconta molto di me e dei soggetti che fotografo. Io non creo saggi giornalistici; certo non nego il valore del giornalismo, ma non mi interessa particolarmente. Quel che è mi importa, alla fine, è la forza di ogni singola immagine. Ognuna, poi, può essere vista insieme alle altre, realizzate sullo stesso tema, e tutte insieme possono creare un accumulo d’intensità, come se si tratasse di un elogio del soggetto ritratto o di una profonda esperienza su questo stesso soggetto“.
Per conoscere altri grandi fotografi
Se volete vedere il lavoro dei grandi maestri della fotografia vi rimando alla sezione Maestri della fotografia. Se, invece, volete approfondire le nuove correnti fotografiche e i nuovi autori della fotografia artistica, vi rimando alla sezione Fotografia Artistica.
Condividi:
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per inviare l'articolo via mail ad un amico (Si apre in una nuova finestra)