Se io fossi semplicemente curiosa, mi sarebbe assai difficile dire a qualcuno: voglio venire a casa tua, farti parlare e indurti a raccontare la storia della tua vita. Mi direbbero: tu sei matta. E in più starebbero molto sulle loro. Ma la macchina fotografica dà una specie di licenza. Tanta gente vuole che le si presti molta attenzione, e questo è un tipo ragionevole di attenzione da prestare”….“Una fotografia è un segreto che parla di un segreto, più essa racconta, meno è possibile conoscere”.
Diane Nemerov Arbus è unanimemente considerata uno dei maestri della fotografia del ventesimo secolo. Diane nasce il 14 marzo 1923 da una ricca famiglia ebrea di origine polacca, proprietaria della catena di negozi di pellicce, chiamata “Russek’s”. All’età di quattordici anni incontra Allan Arbus, che sposerà compiuti i diciotto, nonostante l’opposizione della famiglia. Da lui impara il mestiere di fotografa, lavorando insieme a lungo nel campo della moda per riviste come Vogue, Harper’s Bazaar e Glamour.
Dal 1957, dopo la separazione dal marito, Diane decide di conservare il cognome e dedicarsi ad una ricerca artistica personale, muovendosi attraverso la scoperta di sentieri sconosciuti a una ragazza di famiglia agiata che aveva ricevuto una rigida educazione. Diane viene attratta da un mondo oscuro, parallelo a quello della sua “normalità”. Nel 1963 e nel 1966 riceve la borsa di studio dalla fondazione Guggenheim. Pubblica le sue immagini su riviste come Esquire, New York Times, Newsweek e Sunday Times.
Negli ultimi anni, vittima dell’epatite e di frequenti crisi depressive, si toglie la vita il 26 luglio del 1971, ingerendo una forte dose di barbiturici e incidendosi le vene dei polsi. L’anno seguente la sua morte il MOMA le dedica un’ampia retrospettiva. Subito dopo sarà la prima tra i fotografi americani ad essere ospitata dalla Biennale di Venezia. L’intero archivio di Diane Arbus è conservato alla Metropolitan Museum di New York.
La fotografia di Diane Arbus si caratterizza per una visione precisa inconfondibile. Diane abbandona i vellutati studi fotografici per immergersi nella città di New York. Dal centro alla periferia la Arbus analizza con occhi nuovi la realtà cittadina, piena di bizzarri personaggi, fotografando il proibito per restituirlo nella carta fotografica. Prostitute, emarginati e freaks diventano l’ossessione della fotografa newyorkese.
Una fotografia innovativa non solo per i soggetti. La fotografa americana abbandona la soffusa luce naturale, preferendo i forti contrasti del flash in esterno, di notte e di giorno. Fino al 62 usa una 35 mm Nikon per passare a una medio formato 6×6, prima una Rolleiflex biottica, poi una Mamiya C33 e dal 70 anche una Pentax 6×7. Nonostante la macchina fotografica di Diane immortali, a volte senza un’apparente compassione, l’incontro con il deforme e il perverso, insistendo sui particolari disturbanti dell’altro, nella continua ricerca della deformità nell’apparente normalità, ogni suo scatto ha la capacità di entrare in intima connessione con il soggetto.
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