Cos’è il dagherrotipo e il procededimento della dagherrotipia

Il dagherrotipo è un’immagine fotografica ottenuta tramite il processo della dagherrotipia, inventato nel 1837 da L.-J.-M. Daguerre.

Nel 1829, l’artista e chimico francese francese di nome Louis Jacques Mande Daguerre stringe una partnership con Joseph-Nicephore Niépce per sviluppare un metodo per catturare in modo permanente le immagini che erano visibili in una camera obscura. Niépce muore improvvisamente nel 1833, ma Daguerre continua a sperimentare, portando a termine un procedimento che porta il suo nome: il dagherrotipo.

Dagherrotipo e nascita ufficiale della fotografia

Il 7 gennaio 1839, il fisico François Arago, nel corso di una lezione all’Académie des Sciences di Parigi, presenta il dagherrotipo, messo a punto dall’inventore francese Jacques Daguerre (1787-1851), che permetteva di riprodurre con un processo meccanico e chimico, le immagini che si formano nella camera oscura, segnando la nascita ufficiale della fotografia. Riconoscendo l’enorme potenziale di questa invenzione, il governo francese stringe un accordo con Daguerre, acquisendo i diritti sul processo in cambio di pensioni vitalizie sia per Daguerre, che per il figlio di Niépce. Il 19 agosto 1839, i dettagli del nuovo processo di dagherrotipo vengono presentati al pubblico come regalo al mondo dalla Francia.

Cos’è il dagherrotipo?

Il dagherrotipo è un processo che fornisce un’unica copia positiva, non riproducibile, su supporto in argento o rame argentato, precedentemente sensibilizzato in camera oscura, mediante esposizione ai vapori di iodio.

Il dagherrotipo (chiamato anche lo specchio dotato di memoria) è un tipo di immagine che contiene nella stessa copia il positivo e il negativo. Infatti, a seconda dell’angolazione con il quale viene colpito dalla luce, l’immagine appare sia positiva che negativa, creando l’effetto della tridimensionalità. La straordinaria ricchezza di dettagli rende, inoltre, la visione del dagherrotipo un’esperienza magica e surreale.

Aspetto di un dagherrotipo

Realizzare un dagherrotipo

Possiamo dividere il procedimento della dagherrotipia in 5 parti:

  1. La prima fase consiste nel lucidare e pulire la lamina per renderla simile ad uno specchio.
  2. La seconda fase nell’esporre la lastra d’argento o rame ai vapori di iodio o bromo (secondo la variante di John Frederick Goddard) , entrambi elementi molto reattivi del gruppo degli alogeni. Il vapore, legandosi alla lastra di metallo, crea una superficie di alogenuro d’argento, uniformemente sensibile alla luce.
  3. Nella terza, parte si inserisce la lastra nella fotocamera e si scatta la foto.
  4. Lo sviluppo si effettua sottoponendo la lastra a vapori di mercurio, che si depositano sulle zone esposte in base alla quantità di luce ricevuta, assumendo l’aspetto di minutissime particelle biancastre.
  5. L’ultimo passaggio consiste nel lavare via dalla lastra i residui di ioduro d’argento, mediante una soluzione di tiosolfato di sodio.

L’immagine finale del procedimento si compone di particelle di mercurio microscopiche distribuite sulla superficie argentata. Le luci sono costituite da un deposito biancastro (amalgama mercurio-argento) mentre le ombre sono date dalla superficie lucida del metallo.

Procedimento dagherrotipia pericoloso per la salute

La creazione di dagherrotipi è una tecnica che si serve di una serie di sostanze chimiche molto pericolose per l’uomo e per l’ambiente circostante. L’utilizzo dei vapori di mercurio rende la dagherrotipia un procedimento che può provocare gravi problemi di salute e il rischio di morte per avvelenamento da inalazioni di mercurio.

Fotocamera per la dagherrotipia

La fotocamera per la dagherrotipia inventata da Daguerre era composta da due scatole di legno che scorrono una dentro l’altra per consentire la messa a fuoco. Sul retro presentava una fessura per inserire la lastra di rame e frontalmente un obiettivo fisso, in vetro e ottone. I primi modelli montano un obiettivo fotografico costruito sullo schema dell’ottico francese Charles Chevalier, che possedeva una luminosità tra f/11 e f/16 e la lunghezza focale era di 360mm. Dal 1840 Josef Petzval introdusse un nuovo obiettivo a quattro lenti e di elevata luminosità (f/3.7), che permise l’abbattimento dei tempi di esposizione.

Problema della conservazione

Al contrario della fotografia, in cui da un negativo si possono ricavare diverse stampe, ogni dagherrotipo è unico: se l’immagine sbiadisce, è perduta per sempre. I dagherrotipi sono sempre stati afflitti dal problema della fragilità della lastra e dell’ossidazione della stessa. Infatti il contatto dell’ossigeno dell’aria provoca un annerimento dell’argento. Per questo venivano racchiusi in preziose custodie di vetro attraverso due modalità: in cornice ( detto anche alla francese) o in astuccio ( detto anche all’americana).

Perché nessuno sorride

Per realizzare una esposizione con un dagherrotipo ci volevano molti secondi ed il soggetto doveva rimanere immobile. I primi dagherrotipi (quelli tra il 1839 e il 1845) impiegavano più di 90 secondi di tempo per catturare un’immagine, ma la maggior parte dei dagherrotipi che vediamo oggi risalgono al 1845, quando la nuova tecnologia (l’aggiunta dei vapori di bromo al processo) permise tempi di esposizione ridotti a pochi secondi. La storia più plausibile è che le persone non fossero abituate a essere ritratte e la spesa e la serietà dell’occasione (ottenere un’unica foto di te stesso) portassero ad adottare una posa estremamente seria.

Dagherrotipi a colori

Esistono alcuni esempi di dagherrotipi a colori. Il colore veniva applicato dai pittori manualmente sull’immagine della lastra. Dato sia il costo che la novità, possedere un dagherrotipo colorato divenne rapidamente uno “status symbol“.

La prima fotografia di un essere umano

La prima fotografia dove appare una persona, è stata scattata dallo stesso Daguerre in un Dagherrotipo, una mattina nella primavera del 1838, dalla finestra di dove viveva e lavorava. Sebbene mostri l’affollata Boulevard du Temple, il lungo tempo di esposizione (il procedimento che si stava mettendo a punto ancora richiedeva circa dieci o dodici minuti) impediva di vedere il traffico dei passanti in movimento. Tuttavia, il lustrascarpe e il suo cliente(in basso a sinistra), sono rimasti fermi abbastanza a lungo per risultare visibili nell’immagine fotografica. La segnaletica dell’edificio in alto a sinistra mostra che l’immagine è lateralmente invertita, così come la maggior parte dei dagherrotipi. Come tutti i dagherrotipi, infatti, l’immagine è speculare e per vederla nel senso corretto occorre ribaltarla orizzontalmente.

Declino della dagherrotipia

All’inizio erano predominanti i paesaggi e le nature morte, principalmente a causa dei lunghi tempi di esposizione necessari. Con il miglioramento dei tempi d’esposizione grazie al bromo e alle nuove lenti, il ritratto si afferma come il genere più popolare. Tuttavia, i dagherrotipi erano molto costosi e solo i ricchi potevano permettersi di farsi fotografare. Nonostante la straordinaria qualità di dettaglio dello specchio dotato di memoria, venne soppiantato, in poco tempo, dal metodo messo a punto da Talbot, che otteneva una matrice riproducibile infinite volte.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.