Sebbene le immagini del fotografo americano Christopher Anderson coprano una gamma incredibilmente ampia di soggetti tematici, appaiono legate dalla loro capacità unica di emozionare. In una società in cui un le fotografie dei mass media sembrano essere guidate da una visione apatica, le immagini fotografiche di Anderson spiccano per la vena poetica e intima.
La vita di Christopher Anderson
Christopher Anderson è un fotoreporter nato in Canada (British Columbia) nel 1970. Dopo aver trascorso gran parte della infanzia in Texas, dove suo padre era predicatore, Christopher si trasferisce dapprima a New York e poi a Parigi. La sua vita per la fotografia inizia nel laboratorio fotografico del “Dallas Morning News” dove impara a sviluppare la pellicola e a stampare le immagini.
Nel 1993, Christopher viene assunto da un piccolo giornale del Colorado, ma non trovandosi a proprio agio nel lavorare da dipendente, lascia il posto, preferendo la libertà dell’attività di free-lance.
Lo stile fotografico di Christopher Anderson
La prima fase della fotografia di Anderson è avvolta dal colore. Diventato nel 1996 fotografo del “US News and World Report”,inizia a documentare diverse problematiche sociali come gli effetti della crisi economica nella Russia, la situazione dei rifugiati afgani in Pakistan e l’elezione di Evo Morales in Bolivia.
Nel 2000 riceve la “Robert Capa Gold Medal”, con le immagini degli immigrati haitiani che cercano di navigare verso gli Stati Uniti. Passato alla fotografia in bianco e nero, viene insignito nel 2001 del “Kodak Young Photographer Award” per una storia su Gaza e nello stesso anno del “Visa d’Or di Visa Pour l’Image” a Perpignan. Nel 2003 pubblica la sua prima monografia, “Nonfiction”. Nominato “Photographer of the Year” dal NPPA Magazine nel 2005, dopo essere stato membro dell’agenzia VII, entra a pieno titolo nella prestigiosa agenzia Magnum nel 2010.
Il suo lavoro è apparso regolarmente in numerose riviste e pubblicazioni a livello mondiale quali Newsweek, The New York Times Magazine, The New Yorker, Vanity Fair e National Geographic Magazine. Nel 2008, dopo la nascita del suo primo figlio, Anderson si è allontanato ulteriormente dal lavoro delle riviste giornalistiche verso argomenti più personali. Nel 2012 viene pubblicato il suo libro, “Son”, che definisce questa direzione visiva. Altri progetti creati all’interno di questo approccio intimista sono “Capitolio“, “Stump” e “Approximate Joy“.
Anderson, in diverse interviste, ha rimarcato il falso mito dell’oggettività della fotografia, affermando che le immagini rappresentano sempre il punto di vista riguardo ad un evento o ad una situazione di cui è stato testimone.
Facendo un paragone con il giornalismo scritto, il fotografo americano sottolinea come il suo lavoro si avvicini di più a quello di un’editorialista, che a quello di un giornalista di cronaca. Infatti, Anderson con le sue immagini non vuole semplicemente documentare la realtà, ma si propone di commentarla, nella convinzione che sia molto importante, per un fotografo, comunicare al pubblico ciò cui ha assistito di persona. Allo stesso tempo però, ritiene fondamentale che questo processo avvenga nel modo più onesto possibile, riportando la profondità emotiva che la scena sottende, senza alterarla.
La frase di Christopher Anderson
“L’unica cosa che veramente mi interessa in fotografia è l’emozione e il sentimento.. tutto quello che va oltre è solo un trucco.”
Per conoscere altri fotografi famosi
Se volete vedere il lavoro dei maestri della fotografia vi rimando alla sezione Maestri della fotografia. Se, invece, volete approfondire le nuove correnti fotografiche e i nuovi autori della fotografia artistica, vi rimando alla sezione Fotografia Artistica.
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