“Non fotografo ciò che vedo, perché l’ho già visto. Quello che voglio vedere è quello che i miei occhi non possono vedere. Io fotografo ciò che sento, ma non riesco a vedere” ….” Cerco di fondermi con ciò che guardo. Bisogna scomparire per diventare quello che stiamo guardando”.
Tre parole sintetizzano il lavoro di Adriana Lestido: amore, assenza e separazione. Nata a BuenosAires nel 1955, Adriana studia dapprima ingegneria per avvicinarsi alla fotografia solo nel 1979.
Dopo aver frequentado la Escuela de Avellaneda, nel 1982 inizia la carriera di reporter, lavorando nel periodico La Voz, per l’Agencia Diarios y Noticias (DyN) e per Página12. Tra i suoi progetti ricordiamo: Villa Gesell (2005), El amor (1992-2005), Madres e hijas (1995/98), Mujeres presas (1991/93), Madres adolescentes (1988-90), Hospital Infanto-Juvenil (1986-88).
Prima fotografa argentina a conseguire la borsa di studio della fondazione Guggenheim di New York, nel 1995, Adriana è rappresentata attualmente dalla prestigiosa agenzia VU.
Le immagini della Lestido seguono il fluire del tempo, mediante un clima emozionale che fonde lo sguardo dell’autrice alle storie dei personaggi rappresentati. Attraverso il suo lavoro, la Lestido affronta un’investigazione sociale che la spinge sotto la superficie delle cose, il più vicino possibile al nucleo delle stesse.
Lo sguardo della fotografa argentina cattura non solo gli eventi, ma soprattutto la strana connessione esistente tra il presente e l’eco del passato. Una fotografia documentaristica diretta che ritrae i personaggi nel loro ambiente, nelle loro azioni quotidiane, sottolineandone i piccoli gesti e i movimenti involontari.
Un lavoro intenso, intimo e drammatico, dove il bianco e nero marca l’assenza del tempo, parlando della fugacità della vita e del tentativo della memoria di ricostruirne la perdita. Vi consiglio di dare uno sguardo al sito dell’artista per avere una visione completa della sua opera.
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